La COP30 di Belém, nel cuore dell’Amazzonia brasiliana, entra nella sua fase decisiva. Lunedì 17 novembre si è aperta ufficialmente la seconda settimana di negoziati, momento che segna l’avvio del ciclo politico della Conferenza delle Parti. Autorità brasiliane e internazionali hanno ribadito, con rinnovata urgenza, la necessità di trasformare promesse e impegni in azioni concrete per il clima.
Durante la plenaria di alto livello, il messaggio è stato chiaro: la finestra per contenere il riscaldamento globale e garantire la giustizia climatica si sta rapidamente chiudendo.
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“La COP della verità”: il richiamo del Brasile alla responsabilità globale
Il Brasile ha inaugurato la seconda settimana dei negoziati imprimendo una direzione chiara: la trentesima Conference of Parties deve segnare un punto di svolta nella governance climatica internazionale. L’espressione scelta dal vicepresidente Geraldo Alckmin — “la COP della verità” — sintetizza l’idea che il margine per mezze misure e impegni simbolici sia ormai esaurito.
Nel suo intervento, Brasilia ha chiesto alla comunità internazionale di abbandonare definitivamente la stagione delle promesse per entrare in quella dell’implementazione reale e verificabile. Un appello che non riguarda solo le grandi economie, ma l’intero mosaico dei Paesi riuniti sotto l’Accordo di Parigi.
Ognuno, ha ribadito Alckmin, ha l’obbligo morale e politico di contribuire alla protezione delle condizioni di vita sul pianeta, alla conservazione della biodiversità e alla costruzione di una giustizia climatica intergenerazionale.
Il tempo delle promesse è passato. Ogni frazione di grado di riscaldamento globale aggiuntivo mette a rischio vite umane, aggrava le disuguaglianze e acuisce le perdite per coloro che sono meno responsabili della crisi. Questa COP deve segnare l’inizio di un decennio di accelerazione e risultati: il momento in cui la retorica cede il passo all’azione concreta e in cui tutte le parti in causa passano dalla definizione degli obiettivi al loro raggiungimento
Il messaggio, in questo senso, non è solo un invito alla cooperazione: è un monito affinché tutte le decisioni prese — dall’industria alla finanza, dalla diplomazia all’ambiente — siano orientate alla salvaguardia del futuro comune.
Alckmin ha poi ricordato i progressi del Brasile nel campo della transizione energetica, sottolineando che il Paese possiede il mix energetico più rinnovabile tra le grandi economie. Tra le iniziative recenti:
- aumento al 30% della quota di etanolo nella benzina;
- incremento al 15% del biodiesel nel gasolio;
- leadership nel lancio del Belém 4X Commitment, che punta a quadruplicare l’uso dei combustibili sostenibili entro il 2035.
Il Vicepresidente ha inoltre rilanciato uno dei pilastri dell’agenda climatica brasiliana: la lotta alla deforestazione, obiettivo che il governo si è impegnato a raggiungere entro il 2030. Alckmin ha ricordato che la tutela delle foreste tropicali non è solo una questione ambientale, ma una strategia essenziale per la stabilità climatica globale, per la protezione delle comunità indigene e per la preservazione dei servizi ecosistemici da cui dipendono interi settori economici.
In questo quadro si inserisce il Tropical Forests Forever Fund (TFFF), uno dei progetti più ambiziosi presentati dal Brasile sulla scena internazionale. Il fondo nasce con l’obiettivo di ricompensare economicamente i Paesi che mantengono intatta la loro vegetazione naturale, invertendo la logica che per decenni ha reso più conveniente convertire la foresta che conservarla. Il TFFF punta a creare incentivi stabili e di lungo periodo, sostenendo i governi impegnati nella protezione di ecosistemi cruciali come l’Amazzonia, il Bacino del Congo o le foreste del Sud-est asiatico.
Secondo il Brasile, questo meccanismo potrebbe inaugurare una nuova fase del finanziamento climatico: non più solo risorse per compensare danni o per progetti isolati, ma un modello strutturale che valorizza il ruolo delle foreste come patrimonio globale, premiando la conservazione anziché la distruzione. Alckmin ha insistito sul fatto che “proteggere la foresta significa proteggere le persone”, una frase che sintetizza l’approccio integrato — ecologico, sociale e di sviluppo — che il Paese vuole portare al centro dei negoziati di COP30.
UNFCCC: “Niente più ritardi tattici. È il momento di consegnare risultati”
Con l’ingresso nell’arena politica della COP30, le Parti sono chiamate a superare tatticismi, resistenze procedurali e posizionamenti negoziali che hanno spesso rallentato l’avanzamento dei lavori.
Il segretario esecutivo dell’UNFCCC, Simon Stiell, ha invitato le Parti a chiudere la seconda settimana evitando le consuete impasse negoziali, avvertendo che la pratica -ormai ricorrente – di rinviare le decisioni cruciali agli ultimi giorni di conferenza, o addirittura alle trattative notturne dell’“overtime”, non è più sostenibile:
Ogni ritardo si traduce in un aggravamento del divario tra ciò che la scienza impone e ciò che la politica è finora riuscita a realizzare.
Stiell ha insistito sulla necessità di affrontare “subito e senza indugi” i dossier più complessi — dalla finanza climatica ai combustibili fossili, dai meccanismi di trasparenza ai piani nazionali di adattamento — perché sono proprio questi nodi irrisolti a determinare la credibilità dell’intero processo multilaterale.
Parallelamente, Stiell ha richiamato l’attenzione sui segnali positivi emersi nella prima settimana di lavori: mobilitazioni finanziarie senza precedenti, investimenti record nelle infrastrutture energetiche pulite, nuovi impegni sui combustibili sostenibili e iniziative dedicate all’adattamento nei Paesi più vulnerabili.
Questi progressi, ha affermato, dimostrano che una nuova economia a basse emissioni è già in costruzione e che COP30 rappresenta un’occasione decisiva per consolidarne la traiettoria.
Dieci anni dell’Accordo di Parigi: bilancio tra passi avanti concreti e ostacoli ancora aperti
A un decennio dalla firma dell’Accordo di Parigi, il bilancio è inevitabilmente ambivalente. Esistono risultati tangibili che dimostrano come il mondo abbia cominciato a imboccare una direzione diversa, basti guardare ai progressi significativi nella transizione energetica e nelle politiche climatiche. Tuttavia, restano lacune strutturali che minacciano di vanificare quei progressi se non verranno affrontate con urgenza e quindi di compromettere la capacità collettiva di mantenere l’obiettivo di 1,5°C.
Sul fronte dei successi, la Presidente della 80ª Assemblea Generale dell’ONU, Annalena Baerbock, ha sottolineato come Parigi abbia inaugurato la più vasta stagione di cooperazione climatica della storia moderna. Tecnologie rinnovabili un tempo considerate marginali sono diventate competitivissime su scala globale, i Paesi hanno adottato roadmap nazionali, gli investitori privati hanno iniziato a riallocare capitali verso settori puliti e sono nati nuovi strumenti multilaterali, dai meccanismi di mercato ai partenariati per l’abbandono graduale dei combustibili fossili.
Tuttavia, i risultati non sono né omogenei né sufficienti. Molti Stati faticano ancora a trasformare le ambizioni dichiarate nei propri NDC (Nationally Determined Contributions) in politiche concrete e misurabili. Il divario tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo resta marcato, soprattutto nell’accesso a tecnologie pulite, finanziamenti e capacità istituzionale. La finanza climatica, pur in crescita, non raggiunge con continuità i territori più vulnerabili, mentre l’adattamento e la gestione di perdite e danni continuano a essere affrontati con risorse inferiori alle necessità reali.
A questo si aggiungono tensioni geopolitiche, instabilità interna in diversi Paesi e un quadro economico globale frammentato che rende complessa la costruzione di fiducia, elemento indispensabile per un multilateralismo efficace. Proprio per questo, Baerbock ha insistito sulla necessità di riconoscere anche gli esempi positivi: comunità, imprese e governi locali che, in diverse regioni del mondo, hanno dimostrato come la transizione sia non solo possibile, ma vantaggiosa dal punto di vista sociale ed economico.
Nel complesso, il decennale dell’Accordo di Parigi mette in evidenza un punto chiave che attraversa tutta la COP30: la direzione è stata tracciata, ma la velocità del cambiamento è ancora lontana da ciò che la scienza richiede. Sarà la capacità di tradurre promesse in implementazione, e ambizioni in cooperazione concreta, a determinare se i prossimi dieci anni sapranno colmare questo divario o se il mondo rischia di superare soglie climatiche irreversibili.
Le soluzioni sono già disponibili, in tutto il mondo. Ora dobbiamo collegarle, traendo forza dai nostri alleati più potenti: fiducia e cooperazione regionale. Questa rappresenta una nuova forma di multilateralismo. O, come diciamo qui in Brasile: ‘vamos fazer um mutirão’, uniamo le forze. Questa forza collettiva è più forte che mai.
Rinnovabili in prima linea: la nuova economia energetica globale
I progressi nel settore delle energie rinnovabili rappresentano oggi uno dei risultati più concreti dell’Accordo di Parigi. Già alla COP28 di Dubai, le Parti avevano fissato obiettivi ambiziosi: triplicare la capacità globale di produzione di energia rinnovabile e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030, nell’ambito del Global Stocktake (GST) e dei Contributi Determinati a Livello Nazionale (NDC).
Come ha ricordato la Presidente Baerbock, solo dieci anni fa molti dubitavano della fattibilità delle energie rinnovabili e dell’uscita graduale dal carbone. “Oggi, in un arco di tempo brevissimo rispetto agli standard della diplomazia internazionale, stiamo finalmente avviando una transizione concreta dai combustibili fossili”, ha dichiarato. Le rinnovabili, ha sottolineato, rappresentano oggi il 90% delle nuove installazioni energetiche globali del 2024, consolidando il loro ruolo come principale motore della nuova economia energetica.
Anche Stiell, ha evidenziato la portata di questo slancio, ricordando che solo nell’ultimo anno sono stati investiti oltre 2,2 trilioni di dollari nelle energie rinnovabili, una cifra superiore al PIL di 180 Paesi.
Alla COP30, questa traiettoria si conferma e si amplia: in appena sette giorni, le nazioni hanno mobilitato ingenti investimenti per infrastrutture pulite e reti elettriche, lanciato la tabella di marcia globale Belém 4X per quadruplicare l’uso dei combustibili sostenibili, aperto nuove opportunità per lo sviluppo dell’industria verde e avviato progetti di adattamento climatico mirati.
Amazzonia protagonista: l’omaggio a Sebastião Salgado
Il Presidente di COP30, Ambasciatore André Corrêa do Lago, ha dedicato l’apertura della sessione ad un momento commemorativo per il fotografo Sebastião Salgado, scomparso nel maggio 2025.
Un video con immagini tratte dalla serie Amazônia (2013–2019), curato da Lélia Wanick Salgado e accompagnato dalla voce della soprano Maria Lúcia Godoy, ha ricordato l’importanza della foresta e della sua popolazione.
Il suo sguardo ci chiama a proteggere foreste, acque e tutti gli esseri viventi
L’intera mostra è visitabile al Museu das Amazônias di Belém.
COP30 entra nel vivo della politica climatica
Con la seconda settimana ormai avviata, la COP30 si trova al crocevia tra ambizione e attuazione. Le parole dei leader indicano chiaramente che:
- il prossimo decennio sarà decisivo;
- la cooperazione internazionale deve superare tensioni geopolitiche e ritardi negoziali;
- la transizione energetica sta accelerando, ma va sostenuta con investimenti e governance;
- l’Amazzonia rimane al centro della sfida climatica, simbolicamente e concretamente.
L’esito della fase politica determinerà se la COP30 riuscirà a entrare nei libri di storia come la conferenza dell’azione, della verità e della responsabilità condivisa.






