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Economia circolare, ecco le sfide per il manifatturiero italiano

Il report C-Readiness di Rise-Università degli studi di Brescia: “Gli sforzi intrapresi richiedono tempi medio-lunghi per portare a risultati significativi”. Grandi imprese più pronte rispetto a quelle medio-piccole. I dati saranno presentati il 28 settembre in un webinar

Pubblicato il 20 Set 2023

Economia circolare, ecco le sfide per il manifatturiero italiano

Le aziende manifatturiere italiane sono ancora poco “pronte” rispetto al paradigma dell’economia circolare. A evidenziarlo è il report C-Readiness realizzato da Rise – Research & Innovation for Smart Enterprises insieme all’Università degli studi di Brescia.

I risultati dell’indagine, realizzata su un campione di 144 aziende italiane con il contributo di oltre 200 manager, saranno presentati il 28 settembre alle 16:00 nel corso del webinar “Quanto sono circolari le imprese manifatturiere italiane? Presentazione del report C-Readiness”.

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La C-Readiness delle imprese italiane

Per misurare il grado di prontezza delle imprese manifatturiere italiane nel campo dell’economia circolare gli autori dello studio hanno utilizzato il “C-Score”, convertendo in un punteggio numerico le risposte alle 33 domande del questionario: il risultato è che il livello di circolarità medio del campione analizzato è di 45 punti su 100, con più del 70% delle aziende esaminate che ha ottenuto meno di 50 punti.

“Tale risultato – spiegano gli autori dello studio – è un indicatore di quanto sia complicata (seppure auspicabile) una piena transizione verso l’economia circolare da parte del tessuto produttivo italiano, e quanto gli sforzi intrapresi richiedano tempi medio-lunghi per portare a risultati significativi, anche per via della sistematicità e trasversalità di questa trasformazione rispetto alle attività di un’azienda”.

I punti di forza e di debolezza

Analizzando i punti di forza e quelli di debolezza delle aziende manifatturiere del nostro Paese nel campo della circular economy la ricerca evidenzia che i punteggi migliori sono stati conseguiti nella progettazione dei prodotti, con una media di 63 punti, e nelle buone pratiche green trasversali, con una media di 56 punti. I risultati peggiori riguardano invece il miglioramento dei modelli di business, con una media di 27 punti, la gestione del fine vita e la rigenerazione: in questo caso la media del C-Score si attesta sui 35 punti.

La circolarità e le dimensioni delle aziende

Dalla ricerca emerge inoltre con chiarezza il fatto che le imprese più grandi sono in generale più pronte per l’economia circolare, e registrano uno C-Score medio di 54 punti contro i 44 di quelle “medie” e i 40 di quelle piccole, frenate dalla minore disponibilità di risorse da investire e da una maggiore difficoltà di compliance rispetto agli obblighi normativi.

I risultati per settore

A ottenere i risultati di circolarità più alti sono state le imprese dei settori che sono soggetti a norme più stringenti: è il caso dell’industria chimica, del metallurgico e dell’automotive, mentre i comparti meno soggetti a vincoli normativi diretti e meno in contatto con le spinte green del cliente finale si attardano. Parliamo ad esempio dell’impiantistica e delle macchine utensili, delle lavorazioni meccaniche conto terzi o della componentistica meccanica, elettrica ed elettronica.

Riprogettare il design dei prodotti

Tra gli strumenti più utili per indirizzare le aziende del manifatturiero verso una maggiore circolarità lo studio sulla C-Readiness mette in primo piano la riprogettazione del design e della struttura dei prodotti in modo che favorisca principi di mono-matericità, standardizzazione, modularità, disassemblabilità e utilizzo di materie prime seconde, materiali durevoli e riciclabili.

Riconvertire i processi produttivi

Si tratterà poi, spiegano gli autori della ricerca, di riconvertire i processi produttivi incrementandone l’efficienza ed eliminando scarti e sprechi di produzione anche attraverso meccanismi di simbiosi industriale, e di incrementare ulteriormente l’energia autogenerata o proveniente da fonti rinnovabili. A seguire il ripensamento dei modelli di business verso forme as-a-service o modelli alternativi di utilizzo come lo sharing, il leasing ed il pay-per-use, quindi al servitizzazione, nelle quali la proprietà rimane in capo al fornitore.

Riconfigurare la supply chain

Altro passo importante nella direzione della circolarità è la riconfigurazione della supply chain, per ottimizzare le fasi di approvvigionamento dei materiali e di distribuzione dei prodotti finiti non solo dal punto di vista economico ma anche ambientale, prediligendo mezzi di trasporto e packaging a basse emissioni, ed impostando un metodo di selezione e valutazione dei fornitori che consideri anche criteri di tipo ambientale e sociale.

A questo si dovranno aggiungere anche meccanismi di reverse logistics per il recupero dei prodotti a fine vita, sperimentando nuove forme di collaborazione con tutti gli attori della filiera per la creazione di un vero e proprio ecosistema Circolare. Quanto proprio al miglioramento della gestione del fine vita dei prodotti, sarà necessario introdurre iniziative di recupero di prodotti, componenti e materiali per un loro riutilizzo e rigenerazione.

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