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La sostenibilità arriverà dalla Luna e da Marte



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La scienza delle piante nello spazio potrebbe diventare un motore di innovazione per rendere l’agricoltura più sostenibile, resiliente e adatta ai bisogni di un pianeta in cambiamento

Pubblicato il 2 dic 2025



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La corsa allo spazio non è da concepire soltanto come un’avventura tecnologica o un ritorno epico dell’uomo sulla Luna poiché al contrario costituisce sempre più una leva strategica per costruire un futuro sostenibile sulla Terra. Secondo una roadmap ambiziosa delineata da un consorzio internazionale di oltre 40 scienziati provenienti da 11 Paesi – tra cui il Prof. Massimo Maffei dell’Università di Torino – e sette agenzie spaziali, il segreto per nutrire in modo sostenibile il nostro pianeta potrebbe arrivare proprio dallo spazio.

Pubblicata su New Phytologist, la ricerca “Expanding frontiers: harnessing plant biology for space exploration and planetary sustainability” definisce un nuovo quadro strategico globale per la ricerca sulle piante, con l’obiettivo di rendere possibile la vita umana a lungo termine sulla Luna e su Marte e, al contempo, trasformare l’agricoltura sulla Terra in chiave più resiliente, efficiente e sostenibile.


Dalla Luna alla Terra: perché le piante sono la chiave della sostenibilità planetaria

Nel 2027 gli astronauti della missione Artemis III della NASA torneranno sulla Luna dopo 55 anni. La loro permanenza durerà pochi giorni, ma la scienza sta già guardando oltre: come creare habitat autosufficienti, coltivare cibo e garantire supporto vitale in ambienti ostili privi di atmosfera, acqua disponibile e – soprattutto – campo magnetico protettivo.

Qui entrano in gioco le piante.

“Le piante sono il nostro sistema di supporto vitale sulla Terra”, spiega il Dr. Elison Blancaflor, Program Scientist per la Divisione di Scienze Biologiche e Fisiche della NASA. “Forniscono cibo, ossigeno, purificazione dell’acqua e persino conforto psicologico.”
Replicare queste funzioni nello spazio significa reinventare completamente il modo in cui ci nutriamo e coltiviamo.

Il Prof. Maffei, co-autore dello studio e docente al Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DBIOS) dell’Università di Torino, sottolinea che studiare come le piante reagiscono ai campi magnetici e i risvolti nel campo della biologia quantistica è di fondamentale importanza sia per comprendere i processi sulla Terra sia per prepararci alla vita nello spazio.

Aggiunge inoltre che, poiché Luna e Marte non dispongono di un campo magnetico protettivo, queste ricerche sono essenziali per “comprendere e mitigare gli effetti sull’agricoltura spaziale e sulla sostenibilità delle missioni umane a lungo termine”.

Lo spazio diventa quindi un laboratorio ideale per testare limiti e potenzialità vegetali e capire come “rafforzare” le piante anche sulla Terra.


Agricoltura spaziale: nuove tecnologie, nuove diete, nuove competenze

Uno dei risultati più innovativi dello studio è l’introduzione del Bioregenerative Life Support System (BLSS) Readiness Level, un nuovo parametro – un’estensione del precedente Crop Readiness Level (CRL) – che misura quanto le piante siano pronte non solo a crescere, ma anche a contribuire a riciclare aria, acqua e nutrienti negli habitat extraterrestri. Questo approccio non riguarda solo la produzione di cibo, ma l’intero ecosistema di sopravvivenza umana per sostenere l’esplorazione nello spazio profondo in modo sostenibile.

Il documento identifica le principali priorità di ricerca necessarie:

  • Biologia sintetica per progettare piante più nutrienti, resistenti e adatte a crescere con pochissime risorse.
  • Agricoltura di precisione e sensoristica avanzata per monitorare ogni fase della crescita in condizioni estreme.
  • Nuove diete spaziali, basate su colture altamente nutrienti e facili da coltivare in piccoli spazi, che potrebbero diventare modelli anche per diete sostenibili terrestri.
  • Benefici psicologici: coltivare e consumare prodotti freschi nello spazio migliora il benessere mentale degli astronauti – un concetto sempre più centrale anche nelle città terrestri densamente urbanizzate.

LEAF: le prime piante coltivate e riportate dalla Luna

Tra i progetti più attesi c’è LEAF (Lunar Effects on Agricultural Flora), l’esperimento che farà germinare per la prima volta piante direttamente sulla superficie lunare, per poi riportarle sulla Terra.
Questo test – parte della missione Artemis III – permetterà di studiare in modo diretto gli effetti della bassa gravità e dell’assenza di campo magnetico sulla crescita vegetale.

Un passaggio essenziale verso fattorie spaziali autosufficienti, indispensabili nell’era post-ISS: la Stazione Spaziale Internazionale verrà dismessa intorno al 2030, e la ricerca dovrà spostarsi verso basi lunari e, più avanti, marziane.


Dallo spazio alle nostre tavole: come la ricerca spaziale migliorerà l’agricoltura terrestre

Le tecnologie sviluppate per coltivare nello spazio — agricoltura controllata, riciclo chiuso, uso efficiente di acqua e nutrienti — sono potenzialmente trasferibili a sistemi agricoli terrestri più sostenibili.

“Imparando a coltivare piante nello spazio, stiamo anche migliorando il modo in cui coltiviamo cibo sul nostro pianeta”, sottolinea il Dr. Luke Fountain della NASA, autore principale dell’articolo. “Le tecnologie che svilupperemo per la Luna e Marte aiuteranno a affrontare sfide globali in termini di cibo, energia e sostenibilità.”

Questo trasferimento tecnologico è già in atto. Le innovazioni sviluppate per l’esplorazione spaziale possono:

  • Ridurre l’uso di acqua e fertilizzanti
  • Migliorare la produttività in territori aridi o degradati
  • Sviluppare colture più resilienti al cambiamento climatico
  • Sostenere modelli di agricoltura urbana e vertical farming
  • Aiutare la progettazione di diete più efficienti e sostenibili, basate su nutrienti ottimizzati e produzione locale

In altre parole, le tecniche pensate per sopravvivere su Marte possono aiutarci a sfamare un pianeta in sofferenza.


Una collaborazione internazionale per il futuro del pianeta

La ricerca prende spunto dai confronti che hanno animato il workshop Plants for Space Exploration, organizzato dall’International Space Life Sciences Working Group (ISLSWG) nel contesto della conferenza organizzata nel 2024 dall’Associazione Europea per la Ricerca in Bassa Gravità (ELGRA) a Liverpool, Regno Unito. All’evento ha partecipato, per l’Università di Torino, il Prof. Massimo Maffei del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DBIOS).

Allo stesso tempo, l’articolo richiama alla collaborazione internazionale tra agenzie spaziali, università e industrie tramite condivisione di dati, infrastrutture e strumenti per accelerare i progressi: solo così la ricerca può progredire rapidamente e con impatto globale.


Conclusione: la sostenibilità… arriverà dallo spazio

La ricerca spaziale sta diventando uno dei laboratori più avanzati per ripensare il rapporto tra esseri umani, piante e risorse naturali.
Mentre ci prepariamo a tornare sulla Luna e ad avvicinarci a Marte, impariamo anche come rendere il nostro pianeta più resiliente.

Coltivare nello spazio non è fantascienza: è un investimento strategico per il futuro della Terra. Le piante saranno la chiave per vivere sulla Luna e su Marte — e per nutrire in modo più sostenibile il nostro pianeta.

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