L’intelligenza artificiale viene spesso raccontata come leva decisiva per la transizione ecologica. E non a torto: grazie alla capacità di ottimizzare reti elettriche, processi industriali e logistica, l’IA può ridurre sprechi e inefficienze lungo l’intera catena del valore. Allo stesso tempo, però, ogni modello generativo richiede infrastrutture fisiche molto energivore, alimentate da grandi quantità di elettricità e acqua per il raffreddamento.
Il paradosso è tutto qui: la stessa tecnologia che promette di rendere più sostenibili i sistemi produttivi rischia di alimentare nuove emissioni climalteranti, se non viene incardinata in una strategia ESG chiara, misurabile e trasparente. È quanto emerge dallo scenario elaborato da ClimateSeed, startup specializzata in software e consulenza per la decarbonizzazione, che ha messo a fuoco il “lato oscuro” dell’IA partendo da dati italiani e internazionali.
Data center e consumi nascosti: cosa c’è dietro una richiesta all’IA
L’IA non è affatto “immateriale”. Ogni interazione digitale con un modello come ChatGPT o Gemini implica il passaggio attraverso data center che lavorano a pieno regime, sostenuti da chip specializzati come GPU e TPU e da sistemi di raffreddamento che consumano risorse idriche significative.
Gli studi citati da ClimateSeed indicano che alcune query possono arrivare a 0,43 Wh, una quantità di energia assimilabile a tenere accesa una lampadina LED per quasi un minuto. Per richieste più lunghe o complesse, i consumi possono salire fino a 2–4 Wh per singola interazione. Numeri apparentemente piccoli, ma che diventano rilevanti se moltiplicati per milioni di utilizzi quotidiani in tutto il mondo.
Questa domanda di energia si inserisce in un quadro già critico: secondo le proiezioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, il consumo globale di elettricità dei data center potrebbe passare da 460 TWh nel 2022 a oltre 1.000 TWh entro il 2026, più che raddoppiando in soli quattro anni e trainato proprio dalla diffusione dell’IA generativa.
Big tech sotto pressione: emissioni in forte crescita
Non sorprende, quindi, che le maggiori piattaforme digitali stiano registrando un aumento sensibile della propria impronta climatica. I report di sostenibilità mostrano che, dal 2020, Microsoft ha visto crescere del 29% le emissioni complessive (Scope 1-3), mentre Google ha registrato nel 2023 un +48% rispetto al 2019.
Ancora più significativo è il dato sulle emissioni indirette: per Microsoft, Amazon e Meta si parla di un incremento del 150% delle emissioni Scope 3 tra il 2020 e il 2023. Si tratta di tutte quelle emissioni lungo la catena del valore che derivano, ad esempio, da servizi digitali, infrastrutture esterne, fornitori e uso dei prodotti. In altre parole, l’onda lunga della rivoluzione digitale e dell’IA si riflette sull’intero ecosistema, non solo sui confini operativi delle big tech.
Il caso Italia: domanda elettrica in forte espansione
Se si restringe lo sguardo al contesto italiano, i numeri confermano una tendenza analoga. Secondo il report di Confartigianato citato nello scenario ClimateSeed, tra il 2019 e il 2023 la domanda elettrica dei servizi informatici e dei data center in Italia è cresciuta del 50%, con un balzo del 144% dei consumi elettrici dei soli data center.
Nel 2023, i consumi complessivi hanno raggiunto 509,7 GWh di energia elettrica, con Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte che da sole rappresentano quasi l’85% del totale. Sono numeri che raccontano un’infrastruttura digitale sempre più centrale per il tessuto produttivo, ma che pongono interrogativi stringenti su come assicurare che questa crescita sia compatibile con gli obiettivi climatici nazionali ed europei.
Scope 1, 2, 3: dove si colloca l’impatto dell’IA in azienda
Dal punto di vista ESG, l’impatto emissivo dell’IA non è neutrale e richiede una corretta classificazione. Per le imprese che utilizzano servizi di intelligenza artificiale esterni, il contributo climatico associato a queste tecnologie rientra prevalentemente nello Scope 3, ossia nelle emissioni legate ai servizi digitali forniti da terzi.
Al contrario, le aziende che gestiscono infrastrutture proprie o modelli di IA interni devono considerare l’effetto dell’IA negli Scope 1 e 2, cioè nelle emissioni dirette e in quelle indirette legate ai consumi energetici. In entrambi i casi la parola chiave è misurazione: senza strumenti di carbon accounting digitale è impossibile attribuire in modo corretto l’impatto ambientale dei sistemi di IA, distinguendo tra diversi servizi, modelli e fornitori.
Solo conoscendo in modo preciso dove e quanto si emette diventa possibile integrare davvero l’IA in una strategia di sostenibilità coerente, fissare obiettivi quantitativi, monitorare i progressi e progettare interventi efficaci di riduzione e, quando necessario, di compensazione.
Il ruolo del carbon accounting e delle strategie ESG
ClimateSeed sottolinea come la crescita dell’IA generativa renda ormai imprescindibile una governance evoluta dei dati ambientali. Piattaforme digitali di carbon accounting e soluzioni IA integrate permettono di raccogliere e analizzare i dati sulle emissioni in modo sistematico, rendendo la misurazione accessibile anche alle PMI che hanno risorse limitate e, allo stesso tempo, gestibile per grandi gruppi e SGR.
In un contesto in cui l’uso di modelli generativi si diffonde rapidamente in tutti i processi aziendali – dal marketing alla finanza, dalla produzione alla supply chain – diventa centrale poter associare a ogni attività digitale un “costo climatico” misurabile, per evitare il rischio di greenwashing e proteggere la reputazione d’impresa. Chi riuscirà ad anticipare questo cambio di paradigma potrà posizionarsi come attore credibile di una transizione digitale davvero sostenibile.
La visione di ClimateSeed: innovazione sì, ma misurata
La riflessione si traduce chiaramente nelle parole di Edoardo Bertin, Head of Business Development & Growth di ClimateSeed:
“L’IA può diventare un alleato della transizione verde solo se gestita in modo trasparente e sostenibile – spiega Edoardo Bertin, Head of Business Development & Growth di ClimateSeed – È essenziale misurare e gestire l’impatto dei sistemi digitali per garantire che l’innovazione acceleri, e non ostacoli, gli obiettivi climatici. L’obiettivo deve essere una trasformazione digitale consapevole, capace di coniugare tecnologia e sostenibilità. Le imprese che integrano metriche ambientali nei propri processi decisionali avranno un vantaggio competitivo concreto: saranno le prime a guidare il cambiamento verso un’economia a basse emissioni e ad alto impatto positivo.”




































































