Negli ultimi anni la pubblica amministrazione italiana ha assistito a un progressivo incremento dell’occupazione, segnato dall’ingresso di figure appartenenti alle nuove generazioni e da una trasformazione strutturale delle competenze interne. L’aumento della quota di laureati e l’investimento nella formazione continua stanno modificando il profilo dei dipendenti pubblici, mentre il confronto con i principali paesi europei evidenzia ancora alcune criticità negli ambiti delle retribuzioni e dei contratti. In questo contesto si delineano sfide particolarmente importanti, che riguardano la necessità di pianificare il ricambio generazionale, rafforzare le competenze specialistiche e adottare una visione strategica per rispondere alle esigenze di un’amministrazione sempre più orientata all’innovazione.
La crescita dell’occupazione pubblica e il cambio generazionale nella PA
L’occasione per fare il punto sulla situazione relativa alle risorse umane nella Pubblica Amministrazione italiana è offerta dai risultati della ricerca Lavoro Pubblico 2025 di FPA. La ricerca mette in evidenza come il quadro occupazionale della Pubblica Amministrazione italiana stia mostrando segnali di inversione rispetto al passato recente. Nel 2023 il numero di dipendenti pubblici aveva superato i 3,3 milioni, e le proiezioni per il 2024 indicavano un ulteriore incremento, che avrebbe portato l’organico totale a oltre 3,37 milioni di unità: un valore che non si registrava da più di dieci anni. Questa crescita, trainata principalmente dai settori dell’Istruzione e della Sanità — che rappresentano circa il 60% del personale — si accompagna a un tasso di turn over in netta ripresa (+1,7%), segno di una maggiore capacità della PA di sostituire le uscite con nuovi ingressi. Tuttavia, il ritmo di espansione della PA rimane più contenuto rispetto all’andamento generale del mercato del lavoro italiano e soprattutto rispetto ai principali Paesi europei. Nel rapporto tra dipendenti pubblici e popolazione, l’Italia resta indietro con 5,6 ogni 100 abitanti contro valori compresi tra 6,3 e 8,5 negli altri grandi Paesi UE. Da sottolineare anche un aspetto demografico rilevante: l’età media dei dipendenti è scesa sotto i 49 anni grazie all’ingresso di nuove leve (in particolare nella fascia 30-39 anni), ma rimane significativo il peso degli over 64 e dei lavoratori con oltre 35 anni di servizio. Il ricambio generazionale avviato negli ultimi due anni dovrà quindi accelerare ulteriormente per sostenere la tenuta dei servizi pubblici nei prossimi cicli pensionistici.
Competenze in aumento: più laureati e formazione continua
L’analisi della composizione professionale rivela una progressiva qualificazione del capitale umano impiegato nelle amministrazioni pubbliche. Per la prima volta in Italia, oltre la metà dei dipendenti pubblici possiede una laurea. Il fenomeno risulta particolarmente marcato nei nuovi ingressi: tra il 2022 e il 2023 crescono del 51% i laureati triennali e del 16% quelli magistrali. Parallelamente si assiste a un deciso rafforzamento delle attività formative: le giornate di formazione annue per dipendente sono più che raddoppiate nell’ultimo biennio, superando quota quattro milioni complessive. Questo segnale appare tuttavia ancora lontano dagli standard europei (40 ore annue raccomandate), ma rappresenta un’inversione rispetto alla tradizionale debolezza italiana sulla formazione continua nella PA. L’aumento della scolarizzazione si inserisce in un contesto in cui la domanda di competenze tecniche specialistiche — digitalizzazione, gestione dati, project management — cresce nei concorsi pubblici. La spinta verso una burocrazia maggiormente qualificata viene dunque sostenuta sia dall’afflusso di personale più istruito sia dall’investimento nella formazione on the job.
Retribuzioni, contratti e confronto con i principali paesi europei
Sul piano retributivo, la Pubblica Amministrazione italiana evidenzia dinamiche contrastanti. Lo stipendio medio lordo annuo supera i 39.800 euro (+16% in dieci anni), ma rimane inferiore all’incremento dell’inflazione nello stesso periodo (+19%). In termini reali, le retribuzioni hanno dunque perso potere d’acquisto; il dato medio nasconde inoltre ampie differenze tra comparti (istruzione, sanità, funzioni centrali) e rispetto al settore privato dove alcune aree ad alto valore aggiunto restano meglio remunerate. Sul versante dei contratti emerge una significativa quota di flessibilità (circa il 15% degli addetti su base annuale) e una prevalenza femminile sia tra i lavoratori sia tra i nuovi assunti; tuttavia permane uno squilibrio nell’accesso ai ruoli dirigenziali da parte delle donne.
Il confronto internazionale mette a nudo un gap strutturale: l’Italia spende per il personale pubblico molto meno delle principali economie europee (187 miliardi contro i 351 della Francia o i 328 della Germania) e registra valori pro capite decisamente inferiori. Nel biennio più recente la spesa pubblica per salari è addirittura in lieve contrazione (-1,1% nel 2024), mentre altrove crescono investimenti in capitale umano pubblico.
Le sfide future: ricambio, competenze e pianificazione strategica
Guardando ai prossimi anni la Pubblica Amministrazione italiana si trova davanti a nodi strutturali che richiedono pianificazione e capacità anticipatoria. L’imminente uscita dal mercato del lavoro di decine di migliaia di dipendenti con elevata anzianità impone un’accelerazione nel reclutamento ma soprattutto nella selezione qualitativa delle competenze necessarie alle nuove sfide: digitalizzazione dei servizi, gestione dei dati pubblici, analisi predittiva per politiche evidence-based. La ricerca FPA evidenzia come la vera leva competitiva sarà la capacità delle amministrazioni non solo di attrarre profili ad alta specializzazione tecnica ma anche di integrare strumenti di pianificazione strategica avanzata e modelli organizzativi orientati all’innovazione continua. Il rafforzamento delle skill manageriali diviene cruciale per gestire processi complessi ed eterogenei in tempi rapidi — anche alla luce della crescente pressione esercitata dai benchmark europei sia sui livelli occupazionali sia sulla qualità della spesa per personale pubblico.
Alla luce dei cambiamenti che stanno interessando la pubblica amministrazione, emerge un quadro in cui la gestione delle risorse umane si configura come uno snodo centrale per l’efficacia e la sostenibilità dell’intero sistema. Il progressivo ingresso di nuove competenze, il rafforzamento dei percorsi formativi e l’attenzione alle condizioni contrattuali rappresentano elementi che, se coordinati con una visione strategica di lungo termine, possono contribuire a ridisegnare il ruolo della PA nel contesto nazionale ed europeo. In questo scenario, la capacità delle istituzioni di anticipare i bisogni e valorizzare le professionalità interne sarà determinante per affrontare con maggiore consapevolezza le trasformazioni future.