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Mancuso: perchè le piante sono l’organismo di maggiore successo e cosa hanno da insegnare alle aziende

Lo scienziato, intervenuto nel corso del recente Ranstad Future Talk, ha evidenziato i punti di forza di questi organismi viventi

Pubblicato il 05 Ott 2023

Stefano Mancuso

Le piante e le varie specie vegetali sono in mezzo a noi, da ben prima che la specie umana comparisse su questo pianeta. Eppure la tendenza è quasi quella di non considerarle come delle vere e proprie specie viventi, trascurando il loro contributo. Invece, come è stato raccontato a una platea di manager e dirigenti in occasione del recente Ranstad Future Talk da Stefano Mancuso, Professore ordinario presso l’Università di Firenze e ordinario dell’Accademia dei Georgofiili, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, le piante hanno tanto da insegnare, persino alle aziende.

L’unicità della Terra

Mancuso ha ricordato come la Terra sia l’unico soggetto astronomico sinora rintracciato caratterizzato dai suoi tipici colori blu, bianco e verde. Ma anche se è vero che l’acqua nel nostro sistema solare non è rara, quello che rende il nostro pianeta davvero unico è presenza della vita, anche se la diamo per scontata e comune. “Ma in realtà per ora non ne abbiamo trovata al di fuori della Terra, non c’è alcuna evidenza scientifica della presenza extraterrestre. Anche sulla Terra, a ben guardare, la vita è concentrata in uno strato tra i 10 km sotto e sopra il livello del mare, ovvero la cosiddetta biosfera”. E, purtroppo, non la stiamo difendendo abbastanza, anzi: Mancuso ha evidenziato come gli alberi si siano ridotti della metà in 12.00 anni della civilizzazione umana. Non solo: un recente Report di Cambridge sulla biodiversità evidenzia come dal 1970 a oggi la vita animale sia diminuita dal 50 al 70%. Nello stesso periodo si è assistito a una riduzione del numero degli anfibi dal 95 al 97%. I mammiferi non se la passano benissimo: il 97% dei mammiferi presenti sulla terra sono uomini o animali che alleviamo per il consumo alimentare, mentre l’80% uccelli sono pollame. In altre parole non ci stiamo prendendo abbastanza cura della vita sulla Terra, una condizione che pone inevitabilmente qualche interrogativo sul futuro della nostra specie.

Le ragioni alla base del successo delle piante

Le piante, in questo contesto non semplice, continuano a rappresentare comunque la stragrande maggioranza della vita nel nostro Pianeta, tanto da costituire – in termini di massa – l’87% del peso della vita terrestre, contro lo 0,3% degli animali (la quota restante è data dai funghi). “Qual è il segreto delle piante e del loro successo? A prima vista ci paiono inerti, dal momento vegetano e non fanno nient’altro. Quasi non riusciamo a comprendere che si tratta di esseri viventi intelligenti, in grado di risolvere problemi in maniera diversa dalla nostra. La loro caratteristica è di essere radicate, cioè non potersi muovere dal posto in cui sono nate. I problemi delle piante non sono tanto diversi dai nostri: devono crescere, riprodursi e comunicare. L’inconveniente è che, però, stando fermi si è soggetti alla predazione. Per questo motivo le piante sono fatte in maniera completamente diverse da noi, con un’organizzazione decentrata fatta per resistere. Gli animali presentano invece un’organizzazione completamente gerarchica, con un capo, il cervello, che comanda gli altri organi, un po’ come nelle organizzazioni aziendali. Perché siamo costruiti così? L’unico grande vantaggio di questa organizzazione è che si tratta di quella più appropriata per il movimento, che ci permette di muoverci più velocemente possibile e – ad esempio – di scappare dai pericoli. D’altro canto la nostra organizzazione porta con sé un numero di difetti enorme, a partire dalla fragilità: basta che si rompa un organo qualsiasi e la vita degli animali termina”.

Intelligenza come vantaggio o svantaggio evolutivo?

Al contrario, rileva Mancuso, le piante sono costruite in maniera diffusa e decentralizzata e hanno distribuito le proprie funzioni vitali sull’intero corpo. In questo senso sono un modello di vita molto più robusto rispetto alle specie animali. Le piante non conoscono poi il significato della parola competizione: dal momento che sono radicate per sempre nel luogo della nascita, sono sostanzialmente obbligata a cooperare con gli altri vegetali che si trovano nelle vicinanze. Non a caso le piante di uno stesso ambiente sono tutte connesse tra loro, potendo essere considerate come una sorta di superorganismo. Qualcuno potrebbe obiettare a questo discorso che l’uomo possiede una caratteristica che le specie vegetali non presento, ovvero l’intelligenza che ci ha portato all’attuale stadio evolutivo, ma secondo Mancuso la questione va vista più a 360 gradi: “C’è un modo dire della biologia: non si valuta il pesce della capacità di arrampicarsi sugli alberi. Quello che ci differenzia da altre specie è sicuramente il nostro grande cervello, ma si tratta di un vantaggio o uno svantaggio evolutivo? La questione è capire che la gara a cui stiamo partecipando è quella della sopravvivenza della specie. Quanto sopravvivono le specie? In media 5 milioni di anni. L’Homo sapiens ha 300.000 anni, quindi la grande questione è se riusciremo a sopravvivere come specie altri 4 milioni e rotti di anni. Se non lo saremo, il nostro cervello non si sarà dimostrato un così grande vantaggio in termini evolutivi”.

Gli insegnamenti per le organizzazioni

Lo scienziato ha poi cercato di spiegare se l’approccio decentralizzato delle piante abbia qualcosa da insegnare anche alle nostre organizzazioni: “ È possibile decentrare o distribuire o è soltanto un utopia? La mia personale convinzione è che se aprissimo questa porta e guardare come funzionano altri organismi viventi, avremo l’opportunità di scoprire molte cose utili. Pensiamo a Wikipedia, che ha prodotto in questi anni l’equivalente di 40.000 volumi dell’Enciclopedia britannica, offrendo formazioni più dettagliate, approfondite e aggiornate. Questo è stato possibile grazie al contributo di tutti, mentre invece il vecchio modello delle enciclopedie prevedeva un’organizzazione gerarchica, che portava alla produzione di un nuovo volume ogni tot anni. Un caso concreto di applicazione di questo principio al mondo economico è Morning Star, un’azienda americana che processa pomodori per conto terzi, caratterizzata dall’assenza di un vero e proprio management. I team stabiliscono come svolgere il proprio lavoro, la comunicazione e il coordinamento delle proprie attività in accordo coi propri colleghi, clienti, e fornitori. Gli stessi stipendi aumentano in relazione alla bontà delle idee e degli investimenti promossi da ciascun dipendente”.

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Gianluigi Torchiani

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