Sustainability management

De Caterina, L’Oreal: sostenibilità come trasformazione industriale e come bellezza da condividere

Dall’innovazione di prodotto e di processo a interventi che hanno cambiato il volto di uno dei più importanti stabilimenti produttivi della società con un forte impatto sul territorio, da programmi come “Sharing Beauty with all” e “L’Oréal for the future” a un modello organizzativo che ha contribuito al raggiungimento della Tripla A di CDP per sei anni di fila. Esperienze, strategie e visione della sostenibilità nella testimonianza di Filippo De Caterina, Director Corporate Communications, Sustainability & Public Affairs L’Oréal Italia

Pubblicato il 18 Feb 2022

Filippo De Caterina, Director Corporate Communications, Sustainability & Public Affairs L’Oréal Italia

Non è facile raccontare esperienze o progetti che mettono in diretta relazione industria e bellezza. Più spesso ci capita di osservare un mondo industriale che si esprime in termini di performance, di efficienza, di capacità produttiva, mentre la bellezza si associa naturalmente ad altri valori che non sempre trovano la loro naturale collocazione all’interno di uno stabilimento. Il racconto del percorso di sostenibilità, ambientale e sociale di L’Oréal ci permette invece di osservare una trasformazione che attiene all’industria, ai prodotti, ai processi, all’organizzazione e alla gestione delle risorse, ma con una visione che, come dichiara esplicitamente il programma Sharing Beauty with All avviato dall’azienda nel 2013, punta sulla condivisione degli obiettivi e degli impegni con tutti coloro che contribuiscono al percorso di sustainability dell’azienda. Questi temi e i risultati raggiunti sono il filo conduttore del confronto con Filippo De Caterina, Director Corporate Communications, Sustainability & Public Affairs L’Oréal Italia.

L’Oréal ha ricevuto per il sesto anno consecutivo la Tripla A di CDP, un riconoscimento che attiene in modo particolare al rapporto tra industria e ambiente. Quali sono le strategie che stanno alla base di questo risultato e della vostra azione?

Siamo molto orgogliosi di questo riconoscimento, che proprio per la specifica vocazione di CDP (Carbon Disclosure Project n.d.r.) riguarda le nostre performance in termini di gestione dell’impatto ambientale. I temi che stanno alla base del percorso che abbiamo seguito hanno come denominatore comune il concetto di misurabilità. Vorrei prendere come riferimento temporale il 2013, per evidenziare che proprio quell’anno abbiamo lanciato il programma Sharing Beauty with All con il quale abbiamo voluto sancire anche la necessità di allineare tutti gli obiettivi di sostenibilità dell’azienda per renderli effettivamente misurabili e per abilitare il più possibile la condivisione e la partecipazione da parte di tutti gli attori. Ecco: Misurabilità e Condivisione sono due punti chiave della nostra strategia di sustainability, che si traducono poi in un impegno totale in termini di coinvolgimento e in processi di rendicontazione.

Approfondiamo meglio il tema del coinvolgimento, cosa intendete?

La necessità di essere presenti su tutti i valori che concorrono a rendere la nostra azienda sostenibile e dunque il coinvolgimento di tutti coloro che contribuiscono, all’interno e all’esterno dell’azienda, al raggiungimento di questi obiettivi. Per chiarire meglio, il riconoscimento di CDP si riferisce, come abbiamo detto, in modo particolare ai risultati della sostenibilità ambientale, ma l’azienda è impegnata in obiettivi che attengono anche ai temi della responsabilità sociale, dell’inclusione, della governance, in un disegno complessivo che funziona perché orienta tutte le funzioni nel segno dei criteri di sostenibilità. Nello stesso tempo lavoriamo affinché il nostro impegno esca anche dal perimetro aziendale e coinvolga non solo tutti i nostri colleghi, ma anche i partner, i fornitori e riteniamo che sia arrivato il momento per arrivare anche al coinvolgimento dei clienti stessi.

Il tema legato al coinvolgimento dei clienti finali è una delle grandi sfide che permettono effettivamente di concretizzare i principi della “stakeholder economy” e che rientra nell’ambito dello “Scope 3”. Prima di affrontarlo vediamo come avete agito internamente e con la vostra rete di partner?

Nel periodo 2013 – 2020 abbiamo lavorato sulla produzione, sulla social responsibility e sui temi ambientali, per raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 adottando criteri molto rigorosi, ma soprattutto misurabili e rendicontabili. Su questa piattaforma di lavoro abbiamo coinvolto i nostri partner e ci sono esempi di partner che come nel caso di Firmenich (azienda specializzata nella produzione di fragranze e ingredienti per il settore della cosmetica) nel raggiungimento dei loro specifici obiettivi di sostenibilità (maggiori dettagli QUI) hanno pubblicamente dichiarato il valore della collaborazione e del percorso realizzato con L’Orèal.

Sostenibilità, dunque, come un grande gioco di squadra?

Qualcosa di più: il termine che per noi rappresenta meglio questa visione è orientamento, perché spiega in modo chiaro che la sostenibilità entra in modo profondo nella missione di ciascuna realtà con cui collaboriamo e si concretizza nell’operatività quotidiana. In particolare, devo sottolineare che per noi c’è un aspetto di trasformazione industriale che è estremamente importante e che è uno dei cardini della nostra visione.

Possiamo vedere un esempio concreto di come avete attuato questa trasformazione industriale?

Lo stabilimento produttivo di Settimo Torinese, ovvero uno dei più importanti al mondo per il nostro gruppo in termini di capacità produttiva. Grazie a un piano che abbiamo avviato da tempo siamo riusciti a raggiungere, già nel 2015, l’obiettivo delle emissioni zero CO2 neutrali attraverso l’utilizzo di diverse fonti rinnovabili combinate: un sistema di teleriscaldamento (e teleraffrescamento) presente sul territorio del Comune di Settimo Torinese, l’energia elettrica generata attraverso un impianto sul tetto dello stabilimento con 14000 pannelli fotovoltaici, una centrale energetica a biomassa a completamento del fabbisogno di energia elettrica ed energia termica dello stabilimento e infine il biogas per la generazione del vapore tecnologico necessario ai processi produttivi.

Per quanto riguarda il consumo di acqua nello stabilimento sono state adottate pratiche molto sofisticate di deidratazione dei fanghi e si è ottenuta la possibilità di riutilizzare le acque utilizzate in fase di produzione. In questo modo è stato possibile rendere lo stabilimento a impatto zero in termini di consumo di acqua. Ad eccezione di quella specificatamente necessaria per le formule dei prodotti, tutto il resto è gestito con acqua recuperata grazie a un modello circolare. (Il progetto attuato a Settimo Torinese è denominato waterloop factory e consente di ottenere un risparmio pari a più di 30.000 m3 di acqua ogni anno).

Il rispetto dell’ambiente per uno stabilimento di produzione è molto chiaro, ma se guardiamo alle logiche ESG arriviamo alla “S” di Social e di relazione con il tessuto sociale: come lo avete affrontato?

Prima di tutto va detto che molti dei risultati legati alla stessa innovazione a livello di stabilimento si sono raggiunti grazie alla collaborazione con diversi attori sul territorio. E in particolare cito il lavoro avviato con il Politecnico di Torino. Ma ci sono anche aspetti sociali che comprendono anche tante altre attività tra cui, per fare qualche esempio, la collaborazione con una cooperativa sociale impegnata in attività legate di contrasto al disagio intellettivo e di inclusione alla quale è stata affidata una commessa, che prevede il confezionamento di un prodotto della nostra linea shampoo che viene seguita dai ragazzi coinvolti nel programma della cooperativa. L’obiettivo è quello di rendere autonomi questi ragazzi, di coinvolgerli in un percorso professionale che porta risultati concreti che possono riconoscere, anche in termini di motivazione personale, come risultato del loro impegno quotidiano.

Abbiamo sottolineato il tema della misurabilità, quali sono i punti di riferimento di questo approccio?

Già abbiamo citato CDP (Carbon Disclosure Project) e dobbiamo ricordare che dal momento del programma Sharing Beauty with All del 2013 abbiamo vissuto profondi cambiamenti e siamo oggi davanti a nuove sfide che hanno portato al lancio di un nuovo piano denominato L’Oréal for the future nel quale sono definiti gli impegni di sostenibilità per i prossimi anni sino al 2030. Questi impegni vogliono confermare la nostra focalizzazione su un approccio basato sulla scienza e sulla misurabilità e ci ispiriamo ai criteri SBTI, The Science Based Target Initiative e alle azioni che vengono espressamente indicate per il mondo delle imprese e che abilitano le aziende a misurare e controllare i target con i quali si verifica la riduzione delle emissioni. Il principio, lo vogliamo ripetere più volte, è quello del criterio scientifico.

Accanto a questo c’è poi un lavoro che abbiamo avviato e che riguarda un impegno specifico dell’azienda per contribuire alla protezione e alla rigenerazione di alcune risorse del pianeta seguendo le indicazioni e gli impegni di The Planetary Boundaries (per maggiori informazioni QUIdello Stockholm Resilience Center della Stockholm University, per contribuire a focalizzare l’attenzione, ancora una volta basata su criteri scientifici, sul rispetto dei cosiddetti “confini planetari” che sono indispensabili per garantire lo sviluppo e la prosperità dell’umanità per le generazioni a venire e che purtroppo sono già minacciati e intaccati. Abbiamo preso l’impegno di contribuire alla protezione e rigenerazione della “parte del pianeta” che può essere attribuita al nostro raggio d’azione e per questo stiamo disegnando il nostro sviluppo in modo da restare al di sotto dei livelli di consumo assegnati a questa nostra parte.

E qui vorrei riprendere il tema dell’impegno sullo Scope 3, ovvero la sfida di coinvolgere anche i consumatori in questa trasformazione. Cosa state facendo?

Con Scope 1 e Scope 2 abbiamo lavorato al nostro interno e con la rete dei partner. In queste aree il lavoro procede come abbiamo detto sui prodotti, sui processi, sulla nostra organizzazione e su un lavoro di orientamento dei partner. Ma sappiamo che la responsabilità non può fermarsi al momento in cui si vendono i prodotti e per questo abbiamo scelto di avviare progetti che ci permettono di attivare forme di partnership anche con i consumatori. Qui copriamo attività che hanno lo scopo di rappresentare compiutamente verso i consumatori finali il nostro Sense of Purpose che ci porta impegnarci in progetti e azioni per una good citizenship lavorando su più livelli con stimoli, indicazioni, informazioni e supporto per modificare determinate abitudini di consumo e per favorire la diffusione di una maggiore consapevolezza. Lavoriamo su più livelli per unire innovazione di prodotto e sensibilizzazione, creatività e visione, sempre nel rispetto di dati scientifici e con forme di comunicazione che ci permettano di dialogare con i consumatori, nella loro quotidianità.

Qualche esempio?

A livello di prodotti lo shampoo che si utilizza con minor dispendio di acqua o addirittura che può essere utilizzato senza consumarne proprio. Sul piano della comunicazione la possibilità di accedere in modo facile e veloce a informazioni chiare sulle performance ambientali dei prodotti e un percorso per trasferire in modo trasparente e comprensibile le informazioni ai consumatori i valori del Lifecycle assessment a livello ambientale dei nostri prodotti. E questo lo facciamo grazie ad un sistema di etichettatura che riporta l’impatto ambientale e sociale dei prodotti (Product Environmental & Social Impact Labelling). Basato su una scala da A a E questo sistema è stato sviluppato grazie al supporto di esperti scientifici indipendenti, verificato da un revisore indipendente e verrà progressivamente applicato a tutti i brand e a tutte le categorie di prodotto.

Come lo fate? Ovvero, qual è il vostro modello organizzativo in termini di sustainability management?

La nostra organizzazione parte dalla convinzione che la sostenibilità è fatta di impegni molto concreti che devono essere misurati e che devono generare una rendicontazione ufficiale. Lavoriamo per dare un orientamento generale verso la sostenibilità a tutta l’azienda e a tutte le partnership, anche quelle quotidiane con i consumatori. Per questo abbiamo orientato i nostri processi in questa direzione con un modello organizzativo basato su due livelli. Un ufficio centrale guida la sostenibilità in tutte le aree aziendali: prodotto, produzione, ricerca e sviluppo, packaging, logistica, canali di vendita etc. C’è poi una responsabilità locale e in ogni paese è presente un responsabile operativo della sostenibilità che ha una funzione di orientamento, di stimolo, di indirizzo e di rendicontazione. La sostenibilità è di fatto un orientamento generale che deve informare e caratterizzare tutta l’azienda. Tutti concorrono e tutti hanno obiettivi misurabili.

Un passaggio molto importante per la nostra organizzazione riguarda il 2013 con la creazione della funzione sostenibilità e con l’ingresso in azienda di Alexandra Palt, Chief corporate responsibility officer e CEO di Foundation L’Oréal. Questo ingresso ha dato una impronta molto forte sui temi della sostenibilità e della responsabilità sociale e ha portato alla costruzione di una squadra molto forte, con un posizionamento molto importante a livello di top management.

Torniamo al tema della misurabilità, come state misurando e controllando le performance relative alla sostenibilità e quali sono i vostri KPI di riferimento?

Disponiamo di piattaforme di rendicontazione che ci permettono di misurare e verificare le performance di sostenibilità settore per settore e per ciascuna area geografica. Abbiamo diversi KPI molto stringenti, come esempio cito le indicazioni della Ellen MacArthur Foundation nell’ambito della circolarità del packaging, di Reuters, di  Bloomberg per Gender Equality Index e L’Oreal ha appena ricevuto questo riconoscimento per il quinto anno di seguito (maggiori informazioni QUI) e di Ethisphere per  la dimensione etica

Come sta cambiando il contesto nel quale operate? I consumatori, i canali di vendita, il mondo professionale, ma anche i vostri partner: che attenzione e sensibilità trovate verso i temi della sostenibilità?

I consumatori sono sempre più interessati a questi temi. In Italia le analisi ci dicono che il consumatore indirizza le proprie scelte in questa direzione, ma ci dicono anche che c’è un rischio di confusione. Nel mondo della cosmesi in particolare il consumatore a volte tende a confondere sostenibilità con naturalità. Noi siamo impegnati sia nell’innovazione di prodotto, per garantire una produzione basata al 50% su ingredienti di origine naturale per avvicinarci progressivamente al 100% sia nella sostenibilità, come abbiamo visto. Ma è importante sottolineare che per noi la sostenibilità è prima di tutto un tema di orientamento generale che deve avere un impatto sui comportamenti quotidiani.

Prosegui la lettura delle strategie e delle esperienze di sustainability manager  di importanti aziende e organizzazioni.

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