La sicurezza informatica rimane un argomento chiave per le aziende dopo l’emergenza pandemia, mentre la gestione della cybersecurity è diventata progressivamente più difficile per gli addetti ai lavori con il passare dei mesi e l’intensificarsi delle minacce. A evidenziarlo è la ricerca “The State of Security in a Hybrid World”, condotta su 1.250 decision maker nel settore della sicurezza in medie e grandi aziende tra gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, la Germania e i Paesi Bassi da Citrix.
A complicare il compito degli addetti alla sicurezza nell’ultimo periodo c’è stato il fatto che la superficie di attacco si sia ampliata considerevolmente, con gli utenti che lavorano ovunque e spesso utilizzano dispositivi personali per accedere alle app su cloud e alle risorse aziendali. Questo comporta nuove difficoltà nelle attività di difesa, con il 74% del campione che sottolinea come le procedure e i controlli siano diventati più complessi con la transizione delle loro organizzazioni al lavoro da remoto e al lavoro ibrido, mentre il 73% si trova a “combattere” per tenersi al passo con il crescente volume delle minacce.
Spostando l’attenzione sui lavoratori, il 66% afferma che poter lavorare da remoto, da casa o da qualsiasi dispositivo è “estremamente” o “molto importante”, con l’86% degli intervistati che ritiene “estremamente” o “molto importante” creare un’esperienza di lavoro ottimale, mentre 9 su 10 misurano l’impatto della sicurezza delle informazioni sull’esperienza dei dipendenti e sulla produttività.
“Le organizzazioni IT iniziano a capire che nel momento in cui adottano modelli di lavoro ibridi, il loro approccio alla sicurezza deve cambiare – spiega Kurt Roemer, Chief security strategist di Citrix – Piuttosto di strategie dal classico stile ‘commando e controllo’, è necessario adottare un approccio più intelligente e focalizzato sulle persone e capace di proteggere chi lavora senza impatti negativi sulla sua esperienza”.
Per il 79% dei decision maker la pandemia ha creato un’opportunità per ripensare completamente alla loro strategia di sicurezza a lungo termine, anche se rimangono da risolvere una serie di criticità evidenziate dai dipendenti. Tra queste la connettività di bassa qualità (per il 43% del campione), la navigazione virtuale dei problemi tecnici (34%), e l’impossibilità di avere supporto IT velocemente e facilmente (32%).
Tutto sommato, in ogni caso, il 46% dei decision maker responsabili della sicurezza si sentiva “abbastanza preparato” per il lavoro da remoto nel momento in cui è esplosa la pandemia, e l’84% si sente oggi “molto” o “abbastanza preparato” per mettere in sicurezza un forza lavoro ibrida, che si trovi in ufficio o a casa. Per il 58% del campione gli investimenti in sicurezza sono aumentati di una media del 40% negli ultimi 12 mesi, e per il 71% l’ambiente IT aziendale oggi è più sicuro di prima che arrivasse la pandemia. Una constatazione che può sostenere la convinzione che guida il 52% degli intervistati, quella cioè che la maggior parte della propria forza lavoro sarà per sempre ibrida o da remoto.
Nel far sì che questo sia realizzabile – sottolinea Roemer – Il modello ibrido è il futuro del lavoro, e l’IT giocherà un ruolo fondamentale. Con la giusta tecnologia, è possibile offrire accesso sicuro, coerente e affidabile alle risorse di cui i dipendenti hanno bisogno per performare al meglio ovunque essi si trovino”.