Viviamo in un mondo caratterizzato dalla imprevedibile certezza di rischi, sempre più complessi e in rapida evoluzione. Pertanto, le organizzazioni sono sempre più costrette ad attuare il cosiddetto risk engineering. Ovvero, come definito da ANRA, quella fase nel processo di risk management che si colloca dopo l’identificazione e l’analisi dei rischi e che è propedeutica a individuare le modalità di riduzione o di controllo del rischio prima di passare alla decisione di trasferirlo o di trattenerlo.
È doveroso ricordare che il risk engineering è da tempo utilizzato dalle compagnie assicurative per accompagnare i clienti nel percorso di prevenzione delle perdite e, tuttavia, pur fornendo raccomandazioni per il miglioramento del rischio, a oggi non riesce in toto a supportarli quando si tratta di dare priorità alle azioni di miglioramento e nell’individuare il partner di implementazione di gestione del rischio appropriato. Anche il settore bancario ha introdotto negli anni il risk engineering per la valutazione della gestione del rischio finanziario delle aziende e ha avviato un progresso di digitalizzazione sempre più diffuso.
Tuttavia, pur operando in un contesto sempre più digitalizzato e innovativo, molte organizzazioni non sono a oggi in grado di disporre di tutti i dati necessari, strumenti e approfondimenti pertinenti e affidabili per riuscire a gestire e mitigare i rischi. Pertanto, per ovviare a questo, molte società assicurative/broker e istituti finanziari stanno offrendo alle organizzazioni piattaforme basate sull’AI e il machine learning che si convertono in leve preziose per una gestione digitalizzata del rischio.
“Datocrazia”, processo di digitalizzazione e gestione del rischio
L’automazione della gestione e modellazione del rischio è oramai sempre più diffusa, come dimostra il recente report “From Crisis to Opportunity. Redefining Risk Management” condotta dalla società SAS e Longitude. Dal report si evince che emergono importanti evidenze sui vantaggi offerti dalla modernizzazione e dall’automazione dei framework di gestione del rischio. Inoltre, il report rivela come la mancanza di una visione basata sui dati nella gestione del rischio sia stata a lungo un ostacolo al miglioramento della qualità delle decisioni, non solo delle organizzazioni, ma anche dei vari stakeholder assicurativi e bancari.
Siamo nell’era della “datocrazia” e risulta fondamentale utilizzare nuove fonti di informazioni per contribuire a rimodellare i paradigmi del rischio. Ovvero, i dati diventano sempre più strategici in quanto possono fornire nuove fonti di informazioni per semplificare e ottimizzare anche la sottoscrizione di polizze assicurative, finanziamenti e, al contempo, migliorare la comprensione del rischio, consentendone categorizzazioni più “raffinate” e granulari.
Le organizzazioni, grazie a queste piattaforme, partendo dall’autovalutazione, possono: identificare, mitigare, ridurre i rischi; quantificare il ritorno dell’attuazione delle possibili strategie; predisporre report da condividere con le parti interessate. Così facendo esse sono in grado di intraprendere in modo più strutturato e consapevole il cammino verso la resilienza organizzativa e operativa.
Durante la pandemia, alcune piattaforme utilizzate nel mercato assicurativo e bancario sono risultate particolarmente vincenti, offrendo la possibilità alle organizzazioni di: offrire ai clienti competenze di risk engineering, quando e dove ne hanno bisogno; contribuire ad accelerare il processo stesso di risk management; garantire una maggiore trasparenza delle informazioni, l’integrazione dei dati e dei processi del risk engineering con quelli di sottoscrizione e amministrazione delle polizze e gestione dei sinistri, finanziamenti bancari; garantire un migliore flusso di dati tra l’assicuratore/broker o gli istituti finanziari e il cliente.
Sinergie tra i vari attori
In futuro si assisterà sempre più allo sviluppo di sinergie strutturate tra il settore assicurativo o bancario e i professionisti del rischio, integrando nelle coperture assicurative e di finanziamento un servizio mirato di consulenza di risk management e prevenzione delle perdite grazie alla calibrata sintesi dei dati elaborati dalle app. Di fatto, l’automazione della modellazione del rischio e la digitalizzazione del risk management generano benefici tangibili proprio nell’integrazione e nella visione combinata tra gestione del rischio e pianificazione. La tecnologia si converte quasi in un “magister” – nell’accezione latina del termine, i.e. colui che indica il cammino – facilitando le organizzazioni nell’acquisire la conoscenza del proprio “status” e del contesto; avere una maggiore consapevolezza dei rischi tradizionali/emergenti, dei punti di cedimento che potrebbero impattare su di esse e, al tempo, proponendo sia le azioni di gestione del rischio più efficaci sia l’individuazione della soluzione o del partner più adatto.
Conclusioni
I cambiamenti nel panorama del rischio aumenteranno senza dubbio la domanda di risk engineering, a causa dell’aumento del valore e della complessità dei rischi tradizionali e della crescita dei rischi emergenti o di quelli che normalmente non rientrano nella definizione di rischio assicurabile del settore.
Il settore assicurativo e quello bancario proseguiranno nel processo di digitalizzazione del risk engineering per acquisire, in modo automatico e in tempo reale, una gamma più ampia di dati riferiti ai rischi che verranno elaborati dalle piattaforme sempre più strutturate e destinate a trasformarsi in veri e propri “cruscotti” dove gestire anche la continuità operativa, la cybersecurity, la governance e la compliance. In questo modo, da un lato si genereranno nuove opportunità e servizi di risk engineering per prevenire le perdite – comprese quelli che possono essere generate da rischi di importanza critica, quali il cyber e il cambiamento climatico – e, dall’altro lato si conseguirà la resilienza operativa quanto mai strategica soprattutto in un mondo sempre più digitalizzato.