L’analisi

Intelligenza artificiale in azienda, le sfide per gli Hr manager

Pietro Iurato, Hrd Head Emea di Sap: “Per i responsabili delle risorse umane non è tanto importante capire quanti posti di lavoro spariranno o quanti ne verranno creati dall’AI, ma capire come cambierà il modo di lavorare”.

Pubblicato il 21 Giu 2023

Pietro Iurato

Per gestire l’impatto che l’intelligenza artificiale può avere su un’azienda e nello specifico sul settore delle risorse umane non si deve pensare soltanto all’impatto sui posti di lavoro, e quindi su quanti ne spariranno e quanti ne verranno creati, ma si deve approfondire in modo particolare l’aspetto di come cambierà l’organizzazione del lavoro. A sostenere questa tesi è Pietro Iurato, Hrd Head Emea di Sap, che nella sua analisi individua tre strategie per sfruttare al meglio la creazione di una collaborazione intensa tra Hr, Business e IT per bilanciare al meglio le capacità umane con l’intelligenza delle macchine.

Il contesto

“L’impatto dell’intelligenza artificiale nelle aziende e sulla forza lavoro è più vario – e meno certo – di quanto i media vorrebbero farci credere – spiega Iurato – L’automazione guidata dall’AI non è un gioco a somma zero in cui dominerà la macchina a sfavore delle persone. Si, probabilmente alcuni lavori saranno completamente automatizzati, ma allo stesso tempo ne verranno creati altri e alcuni potrebbero non cambiare per molto tempo”. E nel tempo si verificherà anche una situazione “intermedia”, con alcuni ruoli – che potrebbero diventare anche molti – che saranno potenziati da macchine che opereranno a fianco degli esseri umani per assisterli nelle loro attività.

“L’intelligenza artificiale sta già causando più cambiamenti nel lavoro di qualsiasi altra tecnologia l’abbia preceduta – sottolinea Iurato – Un tempo le macchine seguivano semplicemente le regole definite dall’uomo. Ora stanno emergendo macchine intelligenti che sono sempre più in grado di agire in base a ciò che imparano”.

Se alle risorse umane e più in generale alle aziende sarà sempre più richiesto di investire sull’aggiornamento e la riqualificazione della forza lavoro, questo non sarà l’unico impegno da affrontare. Ecco i tre aspetti che emergono dall’analisi di Pietro Iurato

Strategia 1: abbracciare l’Ai rispettando le inclinazioni dei lavoratori

“Nonostante i tanto sbandierati vantaggi dell’automazione, come l’aumento della produttività e la fine di operazioni noiose e ripetitive, bisogna tener conto che non tutti i dipendenti detestano il lavoro di routine e non tutti si preoccupano di risvegliare l’artista che è in loro – argomenta Iurato – Parte delle nuove responsabilità delle risorse umane consisterà nello stimolare i dipendenti e sviluppare una migliore collaborazione con le macchine. Si tratta di una formazione diversa da quella tipica dell’IT, in cui un progettista di prodotto impara a usare un nuovo software per implementare un flusso di lavoro più efficiente o gli analisti provano una nuova modellazione dei dati”.

 Strategia 2: abbinare le capacità degli esseri umani all’AI

Con la diffusione nelle aziende di strumenti che fanno riferimento all’intelligenza artificiale, sarà proprio compito delle risorse umane far conciliare i punti di forza e le aree di miglioramento delle persone con le macchine con cui lavorano. “Ciò inizia con il risvegliare nei dipendenti non solo le qualità che li rendono distintamente umani, come l’empatia e il pensiero critico, ma anche il riconoscimento dei modi in cui queste qualità possono integrarsi e trarre maggior valore dall’AI”, spiega Iurato.

Tra i punti fondamentali di questo percorso c’è una gestione che sia il più possibile improntata all’empatia, gestendo correttamente le aspettative dei dipendenti nei confronti dell’AI. “Comunicare chiaramente come verrà utilizzata la tecnologia nell’organizzazione può ridurre lo scetticismo e aiutare a promuovere una maggiore sinergia uomo-macchina – prosegue Iurato – Ad esempio, i lavoratori più senior di un’impresa manifatturiera potrebbero non accettare l’idea che i sensori intelligenti assumano il compito di monitorare le apparecchiature e prevedere gli interventi di manutenzione al loro posto. Tuttavia, un programma di coinvolgimento e di incentivazione che premi gli operai che imparano a far funzionare questi sistemi di sensori può favorire una maggiore adozione, aumentare la soddisfazione delle persone e il loro senso di appartenenza all’azienda”.

 Strategia 3: difendere le persone in un ambiente di lavoro influenzato dall’AI

Il ruolo delle risorse umane, secondo la vision di Pietro Iurato, dovrà essere quello dei “difensori” dei dipendenti: “Da un lato, la funzione HR deve passare dal trattare l’AI come una tecnologia a considerarla come un agente di cambiamento della forza lavoro con il potere di ridefinire le responsabilità, influenzare i colleghi e cambiare la natura del lavoro – afferma – Coltivando una cultura di apertura, inclusività e trasparenza, i responsabili delle risorse umane possono creare spazi in cui i dipendenti si sentano a proprio agio e stimolati a denunciare gli errori indotti dall’AI o mettere in discussione i risultati delle macchine intelligenti”.

In secondo luogo, “Sostenere i dipendenti significa anche garantire che il lavoro rimanga incentrato sull’uomo – puntualizza Iurato – Lavorando insieme, i manager IT, i professionisti delle risorse umane e i leader delle funzioni di business possono ridefinire i ruoli delle persone in modo che l’AI lavori per soddisfare le esigenze degli esseri umani, piuttosto che gli esseri umani debbano soddisfare le esigenze dell’intelligenza artificiale”.

“Stabilendo una nuova cultura umanista del lavoro, forte e sana, e rafforzando positivamente la capacità di riconoscere e risolvere i problemi – conclude Iurato – si può creare un ambiente stimolante in cui le persone vengono prima di tutto. Assicurandosi che gli uomini intelligenti sfruttino i punti di forza delle macchine e non viceversa, in questo modo le organizzazioni possono promuovere una cultura che favorisca la sinergia e non la competizione tra uomo e macchina”.

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