ESG SMART DATA

Il 64% delle grandi e medie aziende è attento agli Obiettivi di sviluppo sostenibile

Il dato, che rivela una crescita rispetto alle rilevazioni del 2019, emerge dallo studio “Corporate Giving in Italy 2021”, condotto da Dynamo Academy e SDA Bocconi Sustainability Lab. La ricerca mette in luce anche la propensione delle imprese alla filantropia corporate (+26,3%) e al volontariato aziendale, con il 65% di realtà coinvolte in propri progetti

Pubblicato il 13 Lug 2022

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Le grandi e medie aziende italiane mostrano un’attenzione crescente alla sostenibilità e allo sviluppo responsabile. Nel 2020, in particolare, si è registrata una crescita del 26,3% delle donazioni e dei contributi delle aziende rivolti a progetti sociali e solidali, mentre si è attestata al 65% la quota di imprese impegnate nel volontariato aziendale.

Sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca “Corporate Giving in Italy” (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), condotta da Dynamo Academy e SDA Bocconi Sustainability Lab su 116 imprese medie e grandi attive in Italia nel 2020 e rappresentative del 17% del PIL nazionale. In questo quadro, il 64% delle aziende coinvolte dichiara di considerare, all’interno delle strategie di crescita, gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), definiti dalle Nazioni Unite, contro il 46,6% della precedente rilevazione del 2019.

Approccio solidaristico davanti alla “chiamata alle armi”

“Nel nuovo scenario complesso e mutevole emerso dalla pandemia, che ha prodotto un’accelerazione di alcune tendenze già in atto, le imprese sono sempre più coinvolte nella necessaria evoluzione del sistema economico verso una maggiore inclusività – afferma Maria Serena Porcari, presidente Dynamo Academy – . Uno dei più significativi risultati della ricerca che presentiamo è stata la esemplare risposta del mondo corporate alla “chiamata alle armi” per sostenere in tutti i modi possibili la collettività, tutt’oggi duramente colpita. L’approccio di intervento è stato – giustamente – in prevalenza solidaristico”.

Ecco dunque le principali evidenze emerse dall’indagine.

In crescita la filantropia corporate

Il valore delle donazioni e dei contributi erogati dalle aziende ha registrato un incremento del valore totale pari al 4,6% (2019 vs 2018) e del 26,3% tra il 2019 e il 2020. Le 116 imprese coinvolte hanno complessivamente destinato alla filantropia corporate 170,1 milioni di euro nel 2019 e di 567,1 milioni di euro nel 2020 per un valore mediano dell’erogazione elargita pari a circa 370.000 euro e 510.000 nei due anni. L’enorme aumento delle donazioni registrate nel 2020 si è concentrato su un numero inferiore di organizzazioni e di “cause” da sostenere. Il valore del giving totale ripartito sul reddito ante imposte è diminuito nella rilevazione relativa all’anno fiscale 2019 rispetto agli anni precedenti per poi risalire nel periodo di imposta 2020 al 3,4%.

Protezione civile e sanità principali beneficiari

I settori di intervento cui le imprese hanno indirizzato i propri investimenti filantropici sono cambiati nel 2020 rispetto agli anni precedenti. Nel 2019 gli ambiti della cultura e delle attività ricreative – in continuità con quanto rilevato nelle precedenti edizioni – si attestano in vetta ai settori di intervento. A favore degli enti del terzo settore attivi nella cultura, sport e ricreazione è andato, infatti, il 23,9% del giving totale erogato. Per il 2020 la situazione si presenta differente: al primo posto passa il settore “Protezione civile, emergenza e catastrofi”, 19%, seguito da sanità e salute pubblica, 17,6%, ovviamente a causa della crisi pandemica

Beneficiari soprattutto italiani

La propensione delle imprese del campione italiano ad investire in filantropia internazionale si mantiene più o meno in linea con quanto evidenziato per l’anno fiscale 2018. Nel 2019 il 34% delle aziende analizzate ha destinato almeno parte del proprio budget oltre confine. A sorpresa si è invece evidenziata una maggiore propensione nel 2020, anno in cui la crisi sanitaria nazionale è stata particolarmente intensa, pari al 35,4%. Tuttavia, per entrambe le annualità analizzate, almeno l’85% del campione destina oltre il 51% delle erogazioni a favore di beneficiari e organizzazioni italiane. La ripartizione del giving internazionale per area geografica, vede in testa l’Europa, seguita dall’Africa e dall’Asia.

Previsioni di decrescita dei budget

Nelle previsioni per l’ammontare destinato al giving per l’anno 2021 è prevista una diminuzione. Considerando le aziende del “matched sample”, tra quelle che hanno effettivamente aumentato il budget dedicato alla filantropia tra il 2019 ed il 2020, circa il 50% prevede una diminuzione nel prossimo anno, tendenza ancora più evidente (60%) tra quelle che lo hanno diminuito. Non si notano tuttavia dinamiche che leghino in modo univoco la variazione del fatturato tra il 2019 ed il 2020 e le stesse previsioni.

In crescita il volontariato aziendale

Cresce l’attenzione al volontariato aziendale come strumento per combinare la risposta ai bisogni sociali con l’engagement dei dipendenti. Complessivamente, tra il 2019 e il 2020, il 53,2% delle aziende coinvolte nell’indagine ha proposto iniziative di volontariato in entrambi gli anni. Nel 2019 l’incremento è stato di 13 punti percentuali (74%) rispetto alla scorsa rilevazione (60,8%) del campione mentre per l’anno 2020 il dato complessivo delle aziende che si sono impegnate in questa forma di filantropia è 67,5%. Si conferma la tendenza delle imprese italiane ad offrire programmi “tradizionali” di volontariato aziendale, ossia attività svolte nell’arco della giornata lavorativa.

Prevale l’approccio solidaristico

Prevale l’orientamento verso una filantropia di approccio solidaristico. Mentre negli anni precedenti si è notato un trend di crescita del numero di imprese che adottano un orientamento strategico nella gestione dei progetti in favore degli enti del terzo settore beneficiari, nella presente edizione è stata la “solidarietà” la caratteristica principale degli interventi, interessando l’83% del campione. L’approccio strategico invece è passato dal 59%, registrato nella prima edizione, al 74% per l’edizione 2019 per tornare al 61% con questa rilevazione. Resta limitato il ricorso alla filantropia reattiva, ossia in risposta a specifiche esigenze mosse dal contesto o da una particolare categoria di stakeholder

Filantropia come tassello delle strategie ESG

Le aziende italiane considerano la filantropia parte di un più ampio disegno di impatto sociale e ambientale dell’impresa all’interno del contesto entro cui opera, in allineamento con le priorità di business. Nel 42,2% delle imprese italiane incluse nella ricerca le funzioni che hanno in carico i temi della sostenibilità e responsabilità dichiarano di riferire direttamente all’amministratore delegato o al direttore generale, in aumento di 3 punti percentuali. La centralità del top management nel tracciare la rotta del giving è ulteriormente confermata dal prevalere di un approccio top-down nella selezione dei destinatari dell’erogazione, anche se rispetto alla scorsa rilevazione l’incidenza è leggermente inferiore (34,3% vs. 53%). Prevale comunque la modalità mista (50%) – bottom up e top down – nella selezione dei progetti di filantropia, a sottolineare il coinvolgimento dei dipendenti in quanto “stakeholder”

Attenzione agli SDGs

Si conferma la ricerca di coerenza con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Sono pari al 64% le imprese del campione che hanno dichiarato di aver tenuto in considerazione il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dalle Nazioni Unite nella pianificazione delle iniziative di giving corporate (vs 46% nella precedente edizione). A queste si aggiungono l’11% dei rispondenti per cui l’adeguamento alla griglia di SDGs è in fase di valutazione.

Cambiamento sociale come vera finalità

“Ad emergenza non ancora conclusa – prosegue la presidente Porcari – è importante ricordare che gli investimenti nella comunità (sotto forma di erogazioni liberali – in denaro, beni o servizi – e/o in volontariato aziendale) devono produrre non solo un bene immediato, ma un outcome e impatto capaci di innescare un “cambiamento sociale”: una donazione acquista significato se consente di migliorare la qualità della vita delle persone, riducendo le disuguaglianze in modo sistematico e progressivo nel tempo. Detto in altri termini, occorre che le risorse investite creino un futuro migliore per la Comunità, traducendosi in benefici sostanziali.

Tutto questo funziona e diventa sistemico se non entra in conflitto con – ma semmai favorisce – la necessità del mondo Corporate di essere economicamente sostenibile e/o profittevole. Ci sono alcune caratteristiche concrete che l’agire d’impresa deve interpretare per procedere coerentemente nel senso delineato. Occorre coinvolgere la Comunità beneficiaria – facendo leva sull’expertise del Terzo Settore -, identificandone le reali esigenze, esplicite ed implicite; attuando azioni di comunicazione e misure volte a diffondere una maggiore consapevolezza sui problemi e sulle possibili soluzioni; investendo sul capitale umano-sociale della Comunità per promuovere co-responsabilità e autonomia nella gestione dei progetti; monitorando la percezione dei destinatari/beneficiari circa il soddisfacimento dei propri fabbisogni.

Dal punto di vista interno, occorre che CEO e/o Board assumano leadership, responsabilità e impegno. Il top management deve altresì operare perché a questa impostazione corrisponda un’organizzazione coerente, non solo come modello e risorse a disposizione, ma anche come approccio per processi e analisi dei rischi, nonché partecipazione attiva, che deve essere favorita a tutti i livelli. L’Organizzazione aziendale deve infine pianificare ed attuare processi di monitoraggio e misurazione, necessari a dimostrare il conseguimento dei risultati attesi e la relativa efficacia, in ottica di miglioramento continuo.

E, proprio in tema di misurazione, si potrebbe estendere il perimetro di esplicitazione del valore nell’impegno sociale, per esempio adottando la metrica del Total Social Investment messa a punto da CECP, che approccia in modo olistico l’effort delle aziende su tutti i temi della sostenibilità, comprendendo: strategie ed azioni di business integrate, dove il valore sociale va di pari passo con il valore economico per l’azienda (Shared Strategies); tutte quelle iniziative in cui l’azienda non si limita a donare ma mette a disposizione in modo esteso le proprie competenze ed i propri servizi per apportare valore nella società (Broader Partnerships, es.: donazione di dati, azioni di impact investing/incubazione). Solo in questo modo ci si assicura che forma e sostanza di una strategia di sostenibilità sociale innovativa vadano di pari passo, contemperando coinvolgimento e responsabilità, concretezza e coerenza di visione, standardizzazione e flessibilità di adattamento ai contesti”.

Su ESG Smart Data una selezione e una sintesi delle ricerche e delle analisi sul ruolo e sulle prospettive della sostenibilità per le imprese e per le pubbliche amministrazioni.

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