Scenari

Idrogeno: un campo fotovoltaico grande come il Belgio non basterebbe a centrare i target

Senza gas russo, entro il 2030 l’Ue dovrà estrarre 10 milioni di tonnellate all’anno di idrogeno verde e importarne altrettante, con un aumento del 30% della capacità produttiva di energia solare ed eolica. Oggi, però, l’estrazione è complessa e costosa. L’ultimo report di BCG spiega come incrementare la generazione di energia rinnovabile per equilibrare domanda e offerta di combustibili verdi

Pubblicato il 20 Lug 2022

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L’idrogeno sarà cruciale per raggiungere l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale entro il limite di 1,5°C, stabilito dagli accordi di Parigi sul clima. “A meno di rivoluzioni tecnologiche, spiega Andrea Siri, Project Leader di BCG, nel breve termine l’elettrificazione non sarà in grado di soddisfare le esigenze energetiche di alcuni settori come quello navale, aereo, cementiero o siderurgico. La decarbonizzazione di questi richiederà una combinazione di combustibili a basse emissioni, fra cui l’idrogeno e suoi derivati come l’ammoniaca, il metanolo e il kerosene – i cosiddetti Power-to-X (P2X).”

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), per azzerare le emissioni entro il 2050, questi combustibili basati sull’idrogeno estratto con fonti rinnovabili dovranno alimentare fra il 10 e il 12% del consumo di energia globale. Il problema è che produrli non è semplice. Con il report How to Meet the Coming Demand for Hydrogen (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), Boston Consulting Group esamina come sviluppare un’offerta all’altezza della futura, enorme, domanda di idrogeno.

I combustibili a idrogeno

Per mantenere il riscaldamento globale entro i 2°C occorreranno 380 milioni di tonnellate all’anno di idrogeno a basse emissioni e di suoi derivati. Ne serviranno addirittura 565 milioni di tonnellate per limitare l’incremento della temperatura a 1,5°C. Simili obiettivi di produzione saranno raggiunti solo utilizzando più tecnologie estrattive, calibrate Paese per Paese a seconda delle fonti energetiche disponibili e del grado di sviluppo delle infrastrutture. Esistono infatti due principali tipologie di combustibili a basse emissioni basati sull’idrogeno.

  • La prima consiste nell’idrogeno prodotto dal gas naturale tramite l’utilizzo di sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica emessa nel processo. Tale tecnologia sarà indispensabile per soddisfare la futura domanda di idrogeno, ma il suo sviluppo dipenderà in parte dalla disponibilità dei governi ad accumulare Co2 sottoterra.
  • Alla seconda tipologia appartengono i combustibili P2X, costituiti principalmente da idrogeno estratto con fonti rinnovabili che rappresenta fra il 60 e il 90% dei costi di produzione. I P2X si suddividono a loro volta in tre sottocategorie. L’ammoniaca verde è ottenuta dalla sintesi di idrogeno e l’azoto. Ha una densità energetica superiore all’idrogeno, cosa che ne agevola il trasporto e la vendita, ma la sua capacità di sostituire i combustibili fossili è limitata. Il metanolo verde si ottiene combinando idrogeno e anidride carbonica sostenibile: ha un’elevata capacità di sostituzione ma la sua competitività dipende dai costi della Co2 verde. Gli idrocarburi verdi sono perfettamente intercambiabili con i combustibili tradizionali, rispetto ai quali restano tuttavia più costosi.

La sfida della produzione

“Soddisfare la prossima domanda di idrogeno non sarà semplice – continua Siri -. I governi dovranno rendere i combustibili verdi economicamente competitivi con quelli tradizionali, applicando meccanismi a copertura del green premium. Occorrerà inoltre assicurarsi forniture sufficienti soprattutto di energia elettrica rinnovabile, oggi riservata in gran parte all’elettrificazione diretta.”

La quantità di P2X necessaria a limitare il riscaldamento globale a 2°C o 1,5°C richiederà di aumentare entro il 2030 la produzione di rinnovabili del 12% o del 30% rispetto alle attuali proiezioni. La sfida sarà particolarmente impegnativa per l’Unione europea.

Se deciderà di tagliare la dipendenza dal gas russo, entro il 2030 l’Ue dovrà estrarre 10 milioni di tonnellate all’anno di idrogeno verde localmente e importarne altrettante. Ciò a sua volta esigerà fra 100 e 125 gigawatt (GW) di energia solare e fra 80 e 100 GW di energia eolica, con un aumento del 30% della capacità produttiva rispetto agli obiettivi fissati da Bruxelles prima della guerra in Ucraina. Urge perciò accelerare con procedure straordinarie e sussidi i tempi di sviluppo dei progetti fotovoltaici ed eolici che oggi fra piani, permessi e costruzione possono raggiungere i sei anni.

Le tecnologie di produzione

Per produrre metà dei 565 milioni di tonnellate di idrogeno e derivati servirebbe un campo fotovoltaico di 30 mila metri quadrati, della dimensione all’incirca del Belgio. Solo il 20% della superficie terrestre è poi adatta a produrre energia solare a un costo inferiore ai 30 dollari per megawattora, competitivo quindi con i combustibili fossili. Il 75% di questa terra si trova in 20 Moduli fotovoltaici galleggianti in mare potranno poi ridurre il consumo di suolo, aumentando anche fra il 5 e il 10% l’efficienza grazie al naturale potere refrigerante dell’acqua. Al largo delle coste ci sarà anche spazio per turbine eoliche galleggianti, capaci di generare dal 10 al 20% in più rispetto alle equivalenti terresti. Altro idrogeno potrà poi essere prodotto con energia nucleare, con biomasse o estratto dai giacimenti scoperti in Brasile, Stati Uniti, Canada e Australia.

Qualunque forma assuma, tuttavia, questo idrogeno andrà poi trasportato dove è richiesto. Uno studio realizzato da Bcg per la Germania e i Paesi scandinavi mostra che lo sviluppo di reti gas ed energetiche efficienti e capillari assorbirà fra il 25 e il 35% degli investimenti complessivamente stanziati per azzerare le emissioni. Sono già allo studio diverse tecnologie per trasportare l’idrogeno in maniera sicura ed economica per lunghe distanze. La loro messa in opera necessiterà di ulteriori sviluppi e della disponibilità delle materie prime, in special modo delle terre rare.

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