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Economia circolare, PMI in prima fila nell’ecosistema italiano



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I dati del sesto rapporto realizzato da Enea con il Circular Economy Network: nel riciclo l’Italia è seconda soltanto alla Francia in Europa. Tra le piccole e medie imprese sono impegnate su questi temi il 65% delle aziende, più del doppio rispetto al 2021

Pubblicato il 13 mag 2024



circular economy

Un quinto di ciò che si produce in Italia proviene dal riciclo: una dinamica grazie alla quale il Paese si pone in seconda posizione in Europa dopo la Francia, oltre che primo tra le cinque principali economie continentali per la capacità di utilizzare la meglio la materia, con una produttività pari a 3,7 euro per chilo contro i 2,5 della media europea.

In questa dinamica si stanno ritagliando un ruolo da protagoniste le piccole e medie imprese, dal momento che il 65% di questo segmento di aziende è impegnato in iniziative di economia circolare, un numero raddoppiato nell’arco di pochi anni se si considerano i dati del 2021.

E’ quanto emerge dal sesto rapporto sull’economia circolare in Italia realizzato dal Circular Economy Network in collaborazione con Enea, che per la prima volta ha comparato le performance di circolarità delle cinque maggiori economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia) utilizzando gli indicatori della Commissione europea: produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde, competitività e innovazione, sostenibilità ecologica e resilienza. L’Italia ha totalizzato in questa nuova classifica 45 punti, piazzandosi prima della Germanica con 38, della Francia con 30, della Polonia e della Spagna con 26.

Il riciclo dei rifiuti

L’Italia si piazza prima in particolare nel ranking per il tasso di riciclo dei rifiuti: nel 2021 il tasso di riciclo dei rifiuti di imballaggio è stato del 71,7%, pari all’8% in più rispetto alla media UE27 (64%). A questo si aggiunge il fatto che il riciclo dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto del 3,4% tra il 2017 e il 2022, raggiungendo il 49,2%, a confronto di una media UE che si ferma al 48,6%. Le performance migliori in questo campo sono quelle che si sono registrate in Germania, con il suo 69,1%.

L’Italia torna inoltre alla leadership nel campo del riciclo dei rifiuti elettrici ed elettornici (Raee), pari all’87,1% nel 2021 contro una media europea dell’81,3%. Quanto poi alla produzione media pro capite dei rifiuti urbani, la media Ue è di 513 kg nel 2022, mentre in Italia si sence dai 504 chilogrammi per abitante del 2018 ai 494 2022. “Nel 2022 – si legge nel report – la produttività delle risorse in Italia ha generato, per ogni chilo di risorse consumate, 3,7 euro di PIL, +2,7% rispetto al 2018. La media UE, nel 2022, è stata 2,5 euro/kg. Anche il dato degli altri quattro principali Paesi europei è inferiore a quello dell’Italia”. 

I nuovi posti di lavoro

L’economia circolare ha un ruolo importante nella creazione di nuovi posti di lavoro: nel 2021 nella UE27 gli occupati in alcune attività dell’economia circolare erano 4,3 milioni, il 2,1% del totale, e in Italia 613mila, pari al 2,4%, con un +4% rispetto al 2017. Dati che portano l’Italia in seconda posizione in Europa dopo la Germania, che in questo comparto occupa 785mila lavoratori. 

Il valore aggiunto generato dall’economia circolare

Le attività collegate all’economia circolare hanno generato in Europa un valore aggiunto di 299,5 miliardi di euro, il 2,1% del totale dell’economia. A questi numeri l’Italia ha contribuito con un valore aggiunto di 43,6 miliardi di euro, pari al 2,5% del totale nazionale, contro il 2,1% nel 2017. 

Le criticità

Se l’Italia si è distinta per la propria attività nel campo dell’economia circolare, non mancano comunque alcuni elementi di criticità, come ad esempio il consumo dei materiali: nel 2022 è stato di 12,8 tonnellate per abitante, in crescita dell’8,5% rispetto al 2018 manche se ancora inferiore alla media europea, che si attesta sulle 14,9 tonnellate per abitante. C’è da migliorare anche nel campo della dipendenze del Paese dalle importazioni dall’estero, la cui percentuale nel 2022 è stata del 46,8% contro una media europea del 22,4%.

Quanto infine ai brevetti sulla gestione dei rifiuti e sul riciclaggio, “nel 2020 per ogni milione di abitanti ne sono stati depositati 0,46, cioè complessivamente 206 nell’Unione Europea – si legge nel report – In Italia solo 21 brevetti (0,36 per milione di abitanti): -25% rispetto al 2016. Nel loro insieme gli indicatori di trend della circolarità, basati sulla dinamica degli ultimi cinque anni, segnalano una certa difficoltà dell’Italia a mantenere la sua posizione di leadership”.  

L’indagine su Pmi ed economia circolare

Un report ad hoc realizzato con collaborazione con Cna è stato presentato sempre nella cornice della conferenza 2024 del Cicular Eocnomy Network, basata su un campione di 800 piccoli imprenditori e realizzata tra dicembre 2023 e gennaio 2024. La fotografia scattata dallo studio evidenzia che il 65% degli intervistati mette in atto pratiche di economia circolare, più del doppio in confronto a quanto avveniva nel 2021. “Inoltre – spiega il Cen – il 10% delle imprese ha intenzione di avvicinarsi all’economia circolare nel prossimo futuro. Gli interventi realizzati più spesso riguardano l’uso di materiali riciclati (68,2%), la riduzione degli imballaggi (64%), interventi per la durabilità e la riparabilità del prodotto (53,2%)”.  Ma quali sono i vantaggi che le Pmi si aspettano dall’economia circolare? Il 70,4% delle imprese indica la maggiore sostenibilità ambientale, la riduzione dei costi di produzione (61%), la maggiore efficienza (35,6%) e l’impulso all’innovazione (34,2%). Per il 61% le misure di economia circolare generano benefici in termini di riduzione dei costi.  

Circolarità e transizione ecologica

Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese – spiega Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network – Ancora di più per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”. 

Rivoluzionare la progettazione e la produzione

“Gli indicatori sulla circolarità del nostro Paese confermano le ottime prestazioni dell’Italia su vari aspetti, tra cui ad esempio le percentuali di riciclo e di tasso di utilizzo circolare di materia – sottolinea Claudia Brunori, direttrice del dipartimento Enea Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei sistemi produttivi e territoriali – L’aumento significativo di consumo di risorse evidenzia tuttavia che urge un cambio di paradigma nel modello economico e negli stili di vita che punti sul grande potenziale dell’economia circolare in termini di uso e gestione più efficiente delle risorse nelle filiere produttive, nelle città e nei territori. Per avere risultati vincenti e duraturi è necessario rivoluzionare il modo in cui i prodotti vengono progettati e realizzati, integrando criteri di circolarità nei processi produttivi. Occorre progettare e produrre oggetti più durevoli e facili da riutilizzare e riciclare, ma anche da aggiornare e riparare. Per una transizione ecologica ‘completa’ occorre informare e rendere consapevoli quanto più possibile anche i consumatori, ai quali vanno offerti strumenti di conoscenza adeguati a comprendere l’impatto del proprio stile di vita sull’ambiente”.

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