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Climate change, Deloitte: a rischio 800 milioni di posti di lavoro

L’allarme dal report “Work Toward net zero”: “Soltanto intraprendendo un percorso virtuoso sarà possibile una crescita economica e occupazionale, con 21 milioni di nuovi occupati in Europa, 26 nelle Americhe, 75 in Africa e 180 in Asia

Pubblicato il 12 Gen 2023

global vulnerability index

Tra i rischi che possono derivare dall’affrontare le sfide del cambiamento climatico senza la giusta lungimiranza e con un approccio “conservativo” una delle più gravi riguarda il mondo del lavoro: “Non agire preventivamente a sostegno dell’ambiente – è l’allarme lanciato da Deloitte nel report Work Toward Net Zero” – rischia di rallentare la crescita economica e impattare negativamente i livelli di occupazione: sono 800milioni i posti di lavoro in tutto il mondo, circa il 25% dell’attuale forza lavoro globale – altamente vulnerabili al cambiamento climatico e al suo impatto sull’economia”.

La trasformazione del lavoro

La trasformazione in atto su scala globale per la riduzione delle emissioni di gas serra, secondo l’analisi di Deloitte, è destinata a cambiare per sempre l’economia mondiale, e per evitare i rischi più grandi che derivano da questo periodo di passaggio è necessario definire un modello di transizione “attivo”, sinergico e globale, che consenta di arrivare a raggiungere il target del net-zero e favorisca contestualmente la crescita economica e l’espansione del dividendo occupazionale.

Le opportunità di un approccio future proof

Se le imprese, le pubbliche amministrazioni e i cittadini saranno in grado di intraprendere questo percorso virtuoso, i risultati potrebbero essere promettenti, con una crescita dell’economia che secondo le stime arriverà a toccare i 43mila miliardi di dollari entro il 2070 (a fronte di un rischio di perdite economiche quattro volte superiori, fino a 178mila miliardi di dollari in assenza di interventi) e la creazione di oltre 300 milioni posti di lavoro in più entro il 2050. Di questi, secondo le stime di Deloitte, 21 milioni saranno localizzati in Europa, 26 milioni nelle Americhe, 75 milioni in Africa e 180 milioni in Asia.

L’importanza della transizione “attiva”

“La transizione attiva verso il net-zero rivoluzionerà l’economia globale, con le attività ad alta intensità di emissioni e i relativi posti di lavoro che verranno impattati in base a nuove tecnologie e industrie emergenti – sottolinea Franco Amelio, Deloitte Sustainability Leader – Rispetto a una transizione passiva, che comporterebbe un disallineamento tra competenze e posti di lavoro e impedirebbe la crescita dei settori a basse emissioni, il percorso di transizione attiva, se realizzato con idonee politiche ambientali e programmi di innovazione, rappresenta una situazione win-win per il clima e per l’economia. Da una parte, si riducono le emissioni globali e si mitigano gli impatti del climate change, e, dall’altra, si creano nuovi settori, nuovi lavori e nuove competenze. Se comparata con una transizione passiva, sotto una transizione attiva si stima che solo USA, Cina e India potrebbero generare rispettivamente 5, 38, e 74 milioni di posti di lavoro in più entro il 2050”.

La priorità di investire nelle competenze

“Il cambiamento climatico ha generato uno scenario in cui le persone e le loro competenze non saranno create dall’economia, ma saranno esse stesse a condurre la transizione e a dar vita al futuro del lavoro – aggiunge Gianluca Di Cicco, Deloitte Workforce Transformation Leader – Pertanto, investire nelle competenze diventa una priorità delle imprese, che devono pensare ad azioni mirate e calibrate sul contesto. Non sarà richiesto di fare un completo re-training delle persone, ma di intraprendere percorsi di up-skilling del set di competenze esistenti. In questo modo, i lavoratori avranno la possibilità di mantenere l’attuale occupazione e le imprese potranno beneficiare di una forza lavoro pronta ad essere indirizzata verso il raggiungimento degli obiettivi di net-zero”.

La “green collar workforce”

La prospettiva verso cui ci si deve avviare per farsi trovare pronti al futuro net-zero è quella di una forza lavoro che diventi progressivamente più responsabile, qualificata e consapevole, la cosiddetta “green collar workforce”. A farne parte saranno le occupazioni emergenti della new economy, mentre a risentire del contraccolpo saranno quelle della old economy, le più esposte ai rischi climatici e ambientali.

L’importanza del coordinamento locale e nazionale

“Per garantire che la transizione inneschi la massima crescita economica possibile, la creazione di posti di lavoro e una maggiore uguaglianza in un sistema di produzione a basse emissioni – notano Amelio e Di Cicco – sarà determinante anche il coordinamento delle istituzioni locali e sovrannazionali. La transizione globale non sarà un processo unico, ma piuttosto un insieme di transizioni locali, ciascuna modellata dalle rispettive condizioni climatiche, dai rischi connessi e da una idonea preparazione dei policymaker. Ogni regione – concludono – ha un proprio e differente percorso per raggiungere le emissioni net-zero entro il 2050, quindi è fondamentale determinare come sfruttare questo quadro politico in base alle specificità del contesto e alle competenze necessarie per guidare l’economia in un mondo a zero emissioni”.

Un’agenda in 5 punti per la transizione

Per sostenere l’azione politica nel garantire adeguato adattamento alla decarbonizzazione globale e ottenere risultati occupazionali equi Deloitte ha sviluppato una roadmap che comprende cinque passaggi fondamentali, come la definizione di target ambiziosi di riduzione delle emissioni, da monitorare periodicamente, che siano da guida per industrie, le imprese e i singoli individui. Altro punto dell’agenda di Deloitte è la definizione e implementazione di una nuova politica industriale che favorisca la collaborazione e il coordinamento tra i sistemi economici emergenti, indirizzata in modo che sia possibile raggiungere i target di decarbonizzazione. Sarà centrale anche la creazione di posti di lavoro ad alto valore  che consentano alle persone di ottenere risultati migliori in termini di salario, condizioni di lavoro e sicurezza del posto di lavoro, come anche la garanzia di equità e inclusività nella forza lavoro, aumentando le competenze delle categorie svantaggiate. Il quinto punto è quello che prevede la riforma dei sistemi di istruzione e formazione per mettere le persone in condizione di intraprendere nuove e soddisfacenti vocazioni in un futuro a basse emissioni.

L’impegno di Deloitte

Proprio alla formazione Deloitte sta dedicando una particolare attenzione, “attraverso una cultura della sostenibilità – spiega l’azienda – e “Academy” dedicate allo sviluppo di competenze ormai imprescindibili, come dimostra il lancio di Deloitte Climate & Sustainability, nuova Società Benefit di Deloitte Italia interamente dedicata ai temi del cambiamento climatico e della sostenibilità”.

Su ESG Smart Data una selezione e una sintesi delle ricerche e delle analisi sul ruolo e sulle prospettive della sostenibilità per le imprese e per le pubbliche amministrazioni.

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