RENDICONTAZIONE ESG

Regolamento Omnibus UE: semplificazione ma a scapito della qualità?



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I regolatori europei puntano ad alleggerire l’onere di rendicontazione per le aziende continuando in ogni caso a sostenere le iniziative di sostenibilità. Sorge però la preoccupazione che gli sforzi per semplificare le normative possano ridurne l’efficacia, privandole di sostanza e rappresentando di fatto un passo indietro negli standard normativi di sostenibilità. Le considerazioni e l’analisi di Yingwei LIN, Analista ESG di Crédit Mutuel Asset Management

Pubblicato il 27 gen 2025

Yingwei LIN

Analista ESG di Crédit Mutuel Asset Management



Regolamento Omnibus UE sulla rendicontazione di sostenibilità
Yingwei LIN, Analista ESG di Crédit Mutuel Asset Management

L’Unione Europea ha implementato numerose normative per rafforzare le pratiche ESG (Environmental, Social and Governance) delle aziende e migliorare l’affidabilità e la comparabilità dei criteri ESG. Se da un lato queste misure mirano a rafforzare la rendicontazione di sostenibilità, dall’altro hanno ampliato in modo significativo i requisiti di rendicontazione, rendendo il processo più complesso.

Da dove arriva la proposta di un Regolamento Omnibus

Per far fronte a questo tema e ridurre di conseguenza la complessità burocratica che grava sulle imprese, a novembre scorso la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha proposto un Regolamento Omnibus. La proposta intende consolidare e semplificare la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD, 2022, che rafforza gli obblighi di rendicontazione non finanziaria per le imprese), il regolamento sulla Tassonomia UE (2020, che classifica le attività economiche sostenibili) e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D, 2024, che impone una due diligence per identificare e affrontare gli impatti negativi lungo le catene del valore).

Sebbene gli sforzi per semplificare i requisiti normativi siano benvenuti, la proposta di Regolamento Omnibus solleva una questione fondamentale: rischierà di compromettere i passi avanti compiuti nella rendicontazione di sostenibilità? Inoltre, data la complessità di questi tre regolamenti (CSRD, CS3D, Tassonomia UE) e il più ampio contesto politico all’interno dell’UE, un Regolamento Omnibus può realisticamente raggiungere gli obiettivi che si prefigge?

Le sfide relative all’attuazione

Nonostante le buone intenzioni, il consolidamento di questi tre quadri di riferimento normativi per raggiungere il consenso sembra molto impegnativo, visti gli approcci e le priorità contrastanti degli Stati membri dell’UE.

La CSRD, ad esempio, ha già affrontato sfide significative durante il suo sviluppo e la sua attuazione. Alla fine del 2024, quindi a pochi mesi dalla pubblicazione dei primi report conformi a questa normativa, alcuni regolatori europei continuavano a spingere per un alleggerimento del quadro CSRD. Ursula von der Leyen ha sottolineato le sfide dell’eccesso di regolamentazione per le piccole e medie imprese, mentre altri leader, come l’ex primo ministro francese Michel Barnier, hanno proposto una “moratoria” per ritardare l’attuazione della CSRD in Francia.

Analogamente, l’ex Ministro della giustizia tedesco Marco Buschmann ha chiesto una revisione del testo della CSRD. Il consenso su questa normativa non è ancora stato raggiunto, il che rende improbabile la finalizzazione a breve termine di un pacchetto relativo al Regolamento Omnibus che comprenda le tre normative. Secondo Forbes, la Commissione europea dovrebbe discutere la questione a febbraio 2025.

Ridurre l’onere e il costo del reporting di sostenibilità per le imprese

Se il Regolamento Omnibus cerca di ridurre l’onere e il costo del reporting di sostenibilità per le imprese, la CS3D va oltre il semplice reporting e la comunicazione, e richiede alle aziende di impostare processi solidi per identificare e affrontare questioni legate ai diritti umani e all’ambiente. Pertanto, l’ambito di applicazione del regolamento Omnibus va definito chiaramente e ci sono fondamentalmente due alternative. In quanto regolamento generale, l’ambito di applicazione del pacchetto Omnibus potrebbe includere quello di tutte e tre le normative (CSRD, Tassonomia UE e CS3D), ma questo non ridurrebbe in alcun modo l’onere di rendicontazione per le aziende.

In alternativa, potrebbe semplicemente riflettere i requisiti di rendicontazione e comunicazione della sostenibilità comuni a tutte e tre le normative, il che significherebbe un’eccessiva semplificazione a scapito di pratiche ESG e standard di rendicontazione di maggiore qualità. Inoltre, questi regolamenti restano soggetti a potenziali modifiche sulla base del feedback degli stakeholder. Di conseguenza, il loro consolidamento all’interno di un unico quadro normativo rappresenta una sfida notevole.

Semplificazione o deregolamentazione del reporting di sostenibilità con il Regolamento Omnibus?

Nel contesto di un sentiment negativo, alimentato dalla considerazione che le normative sulla sostenibilità ostacolino la competitività e la sovranità europee, cresce la preoccupazione che il Regolamento Omnibus possa essere regressivo.

La CSRD, la Tassonomia UE e la CS3D – ciascuna ideata per completare il quadro della sostenibilità con obiettivi e ambiti distinti – potrebbero essere ridotte a un mero “altro” insieme di normative. Questo spostamento potrebbe essere controproducente, facendo aumentare l’onere per le aziende a scapito degli obiettivi di sostenibilità.

Ad esempio, la versione finale della prima serie di European Sustainability Reporting Standards (ESRS, standard della CSRD) è già stata annacquata, con un minor numero di dati e un’attenzione più limitata alla materialità rispetto alle bozze precedenti. Ulteriori semplificazioni, in particolare per quanto riguarda i concetti fondamentali della CSRD, potrebbero essere controproducenti e compromettere gli sforzi per stabilire solide pratiche di rendicontazione della sostenibilità.

I cambiamenti normativi che potrebbero penalizzare gli early adopter

La proposta di Regolamento Omnibus ha creato una notevole incertezza per le aziende, inviando segnali preoccupanti. Le modifiche sostanziali ai requisiti della CSRD rischiano di penalizzare gli early adopter che hanno investito risorse significative nell’adeguamento delle loro strategie.

Poiché l’evoluzione delle normative può compromettere gli sforzi proattivi, le aziende che hanno ritardato l’adeguamento alla normativa potrebbero subire minori criticità. Per anni le imprese sono state incoraggiate ad adottare tempestivamente le misure di sostenibilità ma, a causa delle revisioni in corso, il consiglio appare ora quasi ironico. Questa dinamica ricorda altri casi recenti, come quello delle norme UE sulla deforestazione, in cui i primi ad adottare le misure sono stati svantaggiati.

Il calendario di attuazione della CSRD varia a seconda delle dimensioni dell’azienda e inizia con le grandi imprese. Questo approccio graduale crea una curva di apprendimento, che consente alle aziende più piccole di imparare dalle esperienze delle aziende più grandi e potenzialmente ridurre i costi. Inoltre, le grandi aziende possono sostenere i loro fornitori durante la transizione e promuovere miglioramenti nelle performance ESG, poiché la CSRD richiede informazioni sulla catena di fornitura, se pertinenti. Tuttavia, le incertezze relative alle normative sulla sostenibilità hanno interrotto questa catena di eventi, riducendo la capacità degli early adopter di influenzare gli altri. Questa instabilità normativa incoraggia le imprese a percepire la CSRD e i relativi quadri normativi come meri obblighi di conformità piuttosto che come opportunità di trasformazione strategica. Di conseguenza, molte aziende potrebbero rimandare i preparativi per la rendicontazione di sostenibilità fino all’ultimo momento.

Un problema di tempi per lil Regolamento Omnibus

Il Regolamento Omnibus rischia di aggravare le difficoltà esistenti. A settembre scorso, 17 Stati membri dovevano ancora recepire la CSRD nel diritto nazionale ed è probabile che si verificheranno ulteriori ritardi fino alla conclusione del processo Omnibus.

Nel frattempo, l’adozione degli standard dell’International Sustainability Standards Board (ISSB) sta avanzando rapidamente, con il 40% della capitalizzazione di mercato globale e il 50% del commercio europeo già allineati, il che supera la più lenta attuazione della CSRD. Questo rappresenta un rischio significativo. Se l’adozione degli ISSB continuasse a diffondersi in Europa più rapidamente della CSRD, potrebbe compromettere il valore aggiuntivo fornito dalla CSRD, come la doppia materialità. Inoltre, l’adozione generalizzata della CSRD potrebbe rivelarsi più difficoltosa, soprattutto se gli standard ISSB diventeranno sempre più il punto di riferimento globale per la trasparenza della catena del valore e per la rendicontazione incentrata sugli investitori. Il presidente dell’ISSB, Emmanuel Faber, ha sottolineato che gli standard ISSB forniscono il tipo di informazioni richieste dagli investitori in modo più efficace rispetto alla CSRD. Inoltre, gli ESRS specifici sui settori, la cui adozione è prevista per il 2026 e che dovrebbe fornire informazioni più rilevanti, potrebbe subire ulteriori ritardi o compromessi a causa dell’enfasi posta dalla Presidenza belga sul rafforzamento della competitività europea e sulla più ampia adozione degli standard ISSB, sia a livello globale che europeo.

Regolamento Omnibus: quali prospettive e conclusioni

I regolatori europei dichiarano che il loro obiettivo è alleggerire l’onere di rendicontazione per le aziende – obiettivo positivo e necessario – pur continuando a sostenere le iniziative di sostenibilità. Tuttavia, resta la preoccupazione che gli sforzi per semplificare le normative possano ridurne l’efficacia, privandole di sostanza e rappresentando di fatto un passo indietro negli standard normativi di sostenibilità.

La stabilità delle normative è fondamentale per consentire alle imprese di pianificare e adeguare efficacemente le proprie attività. Le incertezze create dalla proposta Omnibus, unite all’attuale panorama politico europeo, inviano però segnali negativi alle aziende. Questa situazione penalizza gli early adopter, con la possibilità di scoraggiare gli sforzi proattivi per conformarsi alle future normative ESG. Di conseguenza, le aziende potrebbero iniziare a considerare il reporting di sostenibilità come un mero obbligo di conformità piuttosto che una priorità strategica.

Yingwei LIN, è Analista ESG di Crédit Mutuel Asset Management

Crédit Mutuel Asset Management è una società di risparmio gestito del Gruppo La Française, la holding della linea di business di asset management del Crédit Mutuel Alliance Fédérale.Crédit Mutuel Asset Management è una società di risparmio gestito del Gruppo La Française, la holding della linea di business di asset management del Crédit Mutuel Alliance Fédérale.

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