Quali sono i pricncipali interrogativi che pone la tendenza demografica in Italia?
La dinamica demografica italiana, caratterizzata da tempo da una tendenza all’invecchiamento della popolazione e da un calo delle nascite, impone una riflessione profonda sulla ricerca di modalità per garantire crescita e sostenibilità sociale nei prossimi decenni. L’intelligenza artificiale si configura sempre più come uno degli strumenti su cui puntare per affrontare le criticità del mercato del lavoro, mitigare la carenza di competenze e ridurre il rischio di esclusione produttiva. Tuttavia, l’integrazione efficace dell’Intelligenza artificiale non può prescindere da una strategia che tenga conto sia delle opportunità offerte dall’automazione sia dei rischi legati alla formazione e alla mobilità dei talenti. In questo quadro, la capacità del sistema Paese di sviluppare politiche mirate sarà determinante per trasformare il cambiamento tecnologico in un volano di competitività ed equità.
In che modo l’intelligenza artificiale può essere una risposta alle sfide demografiche italiane?
Il ridimensionamento della forza lavoro italiana nei prossimi dieci anni, con una perdita stimata di 2,8 milioni di persone in età lavorativa e un contemporaneo aumento dei pensionati, pone il Paese davanti a un bivio strutturale. Secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, in occasione del convegno “Intelligenza Artificiale e Lavoro: evidenze sul Sistema Paese tra rischi e opportunità” alla Camera dei Deputati l’automazione resa possibile dall’AI non rappresenta solo una leva di efficienza, ma una condizione necessaria per mantenere la tenuta del sistema produttivo e previdenziale. Il gap previsto di 5,6 milioni di lavoratori entro il 2033 non potrà essere colmato solo da interventi tradizionali sul mercato del lavoro: la tecnologia si configura come risposta obbligata a uno squilibrio che rischia di mettere sotto pressione sia le imprese, sia i meccanismi pubblici di welfare.
In questo scenario, la priorità non è tanto se adottare l’AI. ma come governarne l’integrazione affinché diventi fattore abilitante di sostenibilità economica e sociale.
Qual è l’impatto dell’AI sul mercato del lavoro?
La ricerca dell’Osservatorio offre una fotografia dettagliata degli effetti già tangibili dell’Intelligenza artificiale sulle dinamiche occupazionali italiane. Oggi il 18% dei posti equivalenti risulta automatizzabile, con una prospettiva che potrebbe raggiungere il 50% entro il prossimo decennio, coinvolgendo 3,8 milioni di posizioni. Questo dato, però, assume contorni meno allarmistici se confrontato con il decremento degli occupati atteso per ragioni demografiche.
Cosa significa mitigare la carenza strutturale di personale?
Più che minacciare il lavoro esistente, l’AI si inserisce come strumento per mitigare la carenza strutturale di personale. La percezione sul campo conferma questa tendenza: il 61% dei lavoratori italiani dichiara che l’AI ha già modificato pratiche e routine operative – soprattutto in termini di semplificazione e velocizzazione dei processi – mentre solo poco più del 10% teme sostituzioni massive nel breve periodo.
Cosa significa prestare attenzione alla redistribuzione dei benefici e dei rischi?
Resta però aperta la questione della redistribuzione dei benefici e dei rischi: la trasformazione non sarà neutra e richiederà strumenti regolatori capaci di accompagnare le transizioni senza lasciare indietro segmenti vulnerabili.
Formazione, competenze e fuga dei talenti: quali sono i nodi ancora da sciogliere?
Nonostante l’incremento degli investimenti in formazione avanzata – con i dottorati in AI più che raddoppiati nel giro di un anno grazie alle risorse PNRR – lo scenario italiano resta segnato da alcune fragilità strutturali. Il numero di studenti iscritti a corsi universitari STEM si mantiene stabile intorno ai 124mila unità annue, rallentando la crescita della base di competenze disponibili. Ancora più rilevante è il saldo negativo nella mobilità internazionale dei talenti AI: nel 2023 il flusso migratorio netto italiano si attesta a -0,18, mentre Paesi come il Regno Unito presentano valori ampiamente positivi. Questa dinamica rischia di depotenziare gli sforzi fatti in ambito accademico e industriale, privando le imprese e le istituzioni delle professionalità chiave necessarie per guidare lo sviluppo tecnologico interno. Il tema della retention diventa così centrale: trattenere competenze qualificate non è solo una questione salariale o contrattuale, ma implica ridefinire ecosistemi attrattivi per la ricerca e l’innovazione.
Quali possono essere le strategie per integrare l’AI in modo sostenibile nel sistema Paese
La seconda Strategia nazionale sull’intelligenza artificiale apre un nuovo ciclo che richiede scelte operative pragmatiche più che dichiarazioni d’intenti. L’integrazione sostenibile dell’AI non può limitarsi a favorire adozioni tecnologiche isolate nei settori più maturi; richiede invece un disegno sistemico che tenga insieme formazione continua dei lavoratori, aggiornamento delle policy regolatorie e incentivi mirati alla crescita delle competenze digitali lungo tutta la filiera produttiva. È necessario investire nell’accompagnamento al cambiamento culturale nelle imprese e nella pubblica amministrazione, sviluppare modelli di governance trasparenti ed equi nella distribuzione dei benefici dell’automazione e promuovere partnership pubblico-private orientate all’impatto sociale oltre che all’efficienza economica. Solo così l’intelligenza artificiale potrà diventare realmente uno strumento al servizio della resilienza e della competitività del sistema Italia.
Perché è importante riconsiderare la struttura e l’organizzazione dei modelli produttivi?
Nel contesto attuale, caratterizzato da cambiamenti strutturali e pressioni su più fronti, l’intelligenza artificiale rappresenta una delle leve più incisive per ripensare i modelli produttivi e sociali italiani. Le sue applicazioni, tuttavia, non si limitano a colmare carenze quantitative: pongono questioni rilevanti sul fronte della qualità del lavoro, della formazione continua e della tenuta del tessuto competitivo nazionale. Resta imprescindibile un approccio pragmatico che sappia bilanciare la spinta all’innovazione con la salvaguardia del capitale umano e la valorizzazione delle competenze esistenti. In questo scenario, il successo dell’integrazione dell’AI dipenderà sia dalla capacità di elaborare politiche lungimiranti sia dalla volontà di imprese e istituzioni di investire in percorsi condivisi di crescita e adattamento.