Sostenibilità

Transizione energetica, più collaborazione per risolvere le sfide aperte

“Le sfide della Neutralità climatica”, un evento on line promosso da EY, ha messo in evidenza quali siano gli ostacoli sulla strada delle imprese per consentire al Paese di raggiungere i suoi obiettivi sulla decarbonizzazione

Pubblicato il 23 Lug 2021

sfida

Gli obiettivi europei al 2030 per la decarbonizzazione ormai incombono, mentre già all’orizzonte ci sono quelli del 2050. Target ambiziosi, come abbiamo raccontato più volte in passato, che difficilmente potranno essere raggiunti se le aziende dei diversi settori produttivi lavoreranno in ordine sparso. E senza la necessaria consapevolezza sulla portata della sfida che ci attende da qui ai prossimi trent’anni: questi i principali spunti di discussione de “Le sfide della Neutralità climatica”, un evento on line promosso da EY a cui hanno partecipato diversi nomi dell’energia e dell’economia del nostro Paese. La necessità della collaborazione all’interno delle filiere è stata richiamata da Roberto Giacomelli, Partner EY: “In molti settori l’80/90% delle emissioni vengono dalla #supplychain, la capacità di ingaggiare gli attori della #valuechain nell’aspetto di riduzione delle emissioni diventa cruciale”. Anche perché nonostante l’enfasi sul net Zero, c’è ancora molta strada da fare: “Le emissioni pro-capite in Italia mostrano una traiettoria discendente e sono inferiori rispetto alla media del #G20, ma siamo ancora lontani dai dati necessari per il contenimento dell’aumento della temperatura globale”, ha evidenziato Pietro Bertazzi, Global Director – Policy Engagement, CDP.

Il ruolo delle infrastrutture gas

Un ruolo chiave nella decarbonizzazione, ovviamente, è assegnato al settore dell’energia, che è stato al centro di buona parte delle discussioni del summit EY. Pier Lorenzo Dell’Orco, CEO di Italgas ha evidenziato che, relativamente al tema delle emissioni, “vogliamo giocare ruolo da protagonisti, siamo proprietari di una delle maggiori reti di distribuzione gas a livello europeo. Con il nostro ultimo piano strategico ci siamo dati obiettivi severi di riduzione emissioni (- 25% CO2 al 2027) e di energia (-30%). Lavoriamo soprattutto sulla lotta alle emissioni fuggitive, abbiamo sviluppato una tecnologia che consente di rilevare le perdite con una sensibilità 1000 volte superiore alle tecnologie tradizionali. Inoltre cerchiamo di fare in modo che nostre reti possano dare un contributo allo sforzo della collettività sulla decarbonizzazione, distribuendo nuovi gas a basso impatto ambientale, come idrogeno e biometano”.

Secondo Dell’Orco il PNNR è in grado di spingere nella direzione giusta lo sviluppo dell’idrogeno nel nostro Paese, in particolare verso il cosiddetto idrogeno verde, prodotto cioè a partire dalle energie rinnovabili. Però le tempistiche non saranno brevi: ci vorranno 10 anni perché l’idrogeno abbia un costo economicamente sostenibile, mentre invece un’alternativa sicura e pulita esiste già da ora: il biometano. Dell’Orco ha fatto riferimento a una stima del CIB (Comitato italiano Biogas) secondo cui se tutti i 1200 impianti a biogas venissero convertiti a biometano, si potrebbero produrre circa 8 miliardi metri cubi di biometano, pari al 10/15% della domanda di gas nazionale. In questo senso la rete Italgas potrebbe essere un asset strategico per la decarbonizzazione, accogliendo questi nuovi gas. “Per questo la parola chiave è digitalizzazione: avere una rete che distribuisce vari gas mescolati richiede la necessità di avere un notevole controllo tempo reale”.

Il contributo della filiera

Idee chiare sul percorso di decarbonizzazione arrivano anche dal Ceo di una multiutility come Hera, Stefano Venier: “Proseguiamo nel percorso di efficientamento energetico, negli ultimi anni abbiamo ridotto i nostri consumi al 6% con un obiettivo di riduzione al 10% per il 2030. La transizione deve essere decisa ma armonica, coinvolgendo tutti gli attori e valorizzando il ruolo abilitante di soggetti come Hera, che da anni dà l’esempio sulle sfide più importanti. Ma senza la partecipazione dei nostri clienti/utenti sarà un obiettivo difficile da raggiungere: anzi crediamo che il 90% dei nostri obiettivi riduzione potrà arrivare grazie alla supply chain, ossia per i comportamenti dei nostri clienti”.

In questo contesto di riduzione delle emissioni la grande speranza è riposta nelle energie rinnovabili chiamate nei prossimi anni ad affermarsi completamente: “La nostra missione è quella di aumentare i volumi di energia rinnovabile generati dai nostri impianti e dai nostri partner, l’ingrediente fondamentale è avere a disposizione una quantità di energia rinnovabile più ampia, ha evidenziato Toni Volpe, Ceo di Falck Renewables – Tutte le traiettorie prevedono che la quantità di energia debba aumentare parecchio: per raggiungere gli obiettivi 2030 dobbiamo aumentare l’attuale tasso di velocità di circa 3 volte e mezzo. Si tratta di un obiettivo fattibile, anche perché Siamo già in una situazione in cui l’energia rinnovabile è più conveniente della fossile, da un punto di vista strettamente economico non c’è nulla di meglio delle rinnovabili. Il tema è come produrne di più”.

Attenzione ai rapporti con il territorio

L’Italia, in particolare, è ben lontana dai 5 GW annui di nuova capacità rinnovabile di cui avrebbe bisogno per centrare i suoi obiettivi al 2030. Per raggiungerli serve la tanto auspicata semplificazione normativa ma, come ha messo in evidenza Volpe, gli operatori energetici dovrebbero curare al meglio i rapporti con il territorio: Bisogna far sì che l’impianto green abbia un impatto economico positivo sulle comunità locali, con un rapporto che deve essere impostato in maniera trasparente da inizio. In particolare il fotovoltaico può servire a stimolare anche gli investimenti nei terreni agricoli che ospitano gli impianti, in un’ottica di coinvestimento ”.

Servono insomma nuovi strumenti e anche nuovi parametri: “Le tematiche ESG sono fondamentali, le grandi aziende sono molto interessate a questi argomenti e le aziende leader stanno tutte pensando a come diventare il perno di un progetto di rigenerazione urbana”, come ha evidenziato Barbara Cominelli, CEO di JLLItalia. Come ha messo in luce nelle conclusioni Roberto Giacomelli di EY: “C’è una complessità della sfida e la necessità dell’interazione di tutti i settori, nel tentare di cogliere la sfida. L’impressione forte è cha rispetto a qualche anno la sfida sia stata accolta e che ciascun settore stia cercando di trovare la strada per percorrerla”.

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Gianluigi Torchiani

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