Sustainability Manager

Logistica e trasporti: i percorsi di sostenibilità ed ESG passano da ambiente e sicurezza

A confronto con Federica Tommasi, Environmental, Sustainability & Energy Manager sui temi legati ai progetti di sostenibilità, alle competenze necessarie e agli scenari che influenzano questi percorsi

Pubblicato il 24 Apr 2022

Federica Tommasi, Environmental, Sustainability & Energy Manager

Il rapporto tra logistica e sostenibilità è tra i più interessanti per i processi che sono coinvolti e per le prospettive che si possono aprire. Per capire meglio come si muove questo comparto ESG360 ha incontrato Federica Tommasi, Environmental, Sustainability & Energy Manager di un importante terminal portuale.

Attualmente impegnata nel settore della logistica, con esperienze nel settore cartario, vetrario e nella GDO (settore imballaggi) Tommasi identifica subito che uno dei tratti comuni a questi settori è rappresentato dal valore della sostenibilità. Una componente questa che “sino a non molti anni fa era considerato al pari di una variabile secondaria, con scarso budget da parte delle aziende, mentre da qualche anno rappresenta un tassello irrinunciabile per le imprese, anche per dimostrare ai clienti e a tutti gli stakeholder la propria affidabilità, robustezza, sostenibilità a 360°”.

Per il mondo della logistica e dei grandi trasporti marittimi il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ha diverse valenze. Ma nello specifico il settore dei trasporti, in Italia come nella Ue, è responsabile di un quarto delle emissioni gas serra, per l’esattezza del 16,2% di cui il 92,6% è prodotto dal trasporto su strada attribuibile al 60% ai veicoli passeggeri: per intenderci si tratta di automobili, moto e autobus. Pertanto, guardando allo specifico della logistica, i porti e i trasporti pesanti su strada e in mare impattano meno di quanto forse si è propensi a pensare.

Tuttavia gli impatti, soprattutto locali, legati al traffico, alle emissioni di particolato e alle polveri sottili da camion e navi in sosta a motore acceso in prossimità delle città e dei lavoratori, impongono di pensare e adottare misure atte alla riduzione degli impatti sulla qualità dell’aria e quindi sulla salute, nel rispetto dei limiti imposti dalla UE il cui superamento comporta sanzioni che l’Italia paga in misura molto rilevante anche a seguito di inadempienze in vari settori. Un danno doppio, per l’ambiente e per l’economia.

Quando nasce e da dove arriva l’attenzione e la focalizzazione sui temi della sostenibilità e della responsabilità sociale?

L’attenzione delle aziende sui temi della sostenibilità arriva da lontano, dalle certificazioni UNI EN ISO 14001 e OHSAS 18001 (oggi UNI ISO 45001) nate negli anni 90’. Nel tempo queste certificazioni si sono trasformate, da accessorio per le aziende più virtuose a strumento diffuso di gestione ineliminabile. Si tratta infatti di strumenti che garantiscono un metodo universale e uno strumento efficace e condiviso per gestire i temi della qualità, dell’ambiente e della sicurezza. Un approccio che porta benefici dal punto di vista delle previsioni, dell’operatività e della gestione e a livello di rendicontazione delle performance aziendali. L’ingresso di fondi di investimento attenti ai criteri ESG ha poi contribuito ad alzare il livello di attenzione verso attività di gestione e rendicontazione, che un tempo erano rivolte solo verso l’interno, anche verso il mondo degli stakeholder: i clienti, i fornitori, le banche, le assicurazioni, i sindacati, il mercato e le stesse comunità in cui operano le imprese. Tutti attori attenti alla reputazione, ai diritti e alle tutele, ai fattori di rischio da evitare oltre alla necessità di indirizzare i risultati economici. In questo contesto, per rispondere ad una esigenza di mercato ma anche per distinguersi nascono i Report di Sostenibilità e le Società Benefit.

Quali sono i principali obiettivi direttamente e indirettamente legati alla sostenibilità e alla responsabilità sociale?

Alla qualità dei servizi offerti ai clienti, che è sempre stato l’elemento cardine delle attenzioni aziendali oltre al profitto, si è prima affiancata la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori grazie al Testo unico sulla sicurezza e poi la tutela ambientale. C’è però una sottile differenza che noto nelle motivazioni che portano un’impresa a introdurre i principi di tutela della salute e sicurezza e di tutela dell’ambiente: nel primo caso le aziende percepiscono prevalentemente la necessità di mettersi al riparo da cause, sanzioni e problemi sindacali a breve termine; nel secondo alle aziende interessa la conformità legislativa e le misurazioni delle performance di consumo ed emissione da mostrare a clienti e acquirenti, magari anche con KPI di riferimento rispetto ai competitor. Cambiano quindi gli stakeholder di riferimento principali, cambiano gli obiettivi e la finestra temporale percepita. A tutto questo si è poi aggiunta la componente Social: il welfare, l’inclusione, la valutazione del gender gap, il rispetto della diversità, l’equità, il rispetto dei diritti dei minori, tutte componenti che hanno alzato il livello di analisi della reportistica. Per evitare rendicontazioni incomparabili si usano standard internazionali e fattori di conversione ufficialmente pubblicati da enti scientifici ministeriali. Nella mia esperienza negli ultimi anni siamo passati da indicatori parziali a indicatori ESG completi con verifiche e rendicontazioni periodiche molto precise.

Quali sono gli obiettivi principalmente trattati e che rapporto con gli SDGs?

Nell’ambito dei 17 SDGs, la scelta degli obiettivi su cui concentrarsi dovrebbe emergere dalla matrice di materialità e/o dalle varie analisi del rischio dei sistemi di gestione, da queste analisi scaturisce un programma con gli obiettivi e le risorse allocate. Ma non sempre è così, il focus su taluni obiettivi a volte è funzione di tanti aspetti “intangibili” come la sensibilità, gli interessi, le disponibilità economiche che possono influenzare le priorità. In generale i temi più sentiti afferiscono alla sicurezza, alla salute e poi all’ambiente. Si tratta di obiettivi che comprendono l’aumento delle percentuali di raccolta differenziata, l’utilizzo di materie prime seconde, il mantenimento a zero delle “non conformità” legislative, la riduzione delle “non conformità” interne, la riduzione degli eventi emergenziali tramite attività di prevenzione, il miglioramento della soddisfazione dei clienti e la sensibilizzazione dei fornitori, la riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2eq conseguenti. Il welfare e il gender gap sono meno considerati nonostante le evoluzioni normative e le richieste dei lavoratori.

Come misurare le performance relative alla sostenibilità? Quali sono i KPI e gli standard di riferimento?

Per la parte salute e sicurezza, vengono rilevati principalmente incidenti, infortuni, mancati infortuni, la durata dei giorni di malattia o infortunio, le ore di formazione erogate in termini assoluti e relativi, ecc.  Per la parte ambientale vengono rilevati invece i consumi di risorse non rinnovabili come l’energia elettrica, i carburanti, altri combustibili, e di risorse rinnovabili come i consumi idrici e le materie prime, ma anche la produzione di rifiuti con particolare attenzione a quelli pericolosi, le percentuali di avvio a recupero. Rispetto a questi parametri vengono realizzati degli indicatori di performance rispetto all’unità di servizio, sia in termini di consumi energetici e di materiali che di emissioni di CO2eq.

Come si articola in generale il modello organizzativo delle aziende sulla base della tua esperienza

Generalmente nel mondo della produzione, il top management fa riferimento a figure che gestiscono gli ambiti della qualità, della sicurezza e dell’ambiente e che svolgono un ruolo di collegamento tra l’alta direzione e i responsabili di settore e con gli altri dirigenti. La divisione QSA si interfaccia in continuazione con la divisione acquisti/controllo di gestione/controllo fornitori, guidata dal CFO, con l’area operativa e il suo COO, con quella tecnica e il CTO, infine con quella del personale e della formazione diretta dal HR. Se prima le divisioni erano in parallelo, possiamo dire che la divisione QSA è trasversale, analitica e di supporto a tutte quante. Questo ha permesso di ottimizzare tutti i processi nei tre ambiti, con un lavoro di formazione sensibilizzazione, gestione, controllo, misurazione, rendicontazione, in un miglioramento continuo che è alla base delle logiche che permettono di misurare il maggior numero di parametri, quantificando gli impatti e le performance ESG. Anche i fornitori sono entrati in questo processo, e certamente c’è un aspetto importante in termini di miglioramento per quanto riguarda gli ambiti dello scope 3.

Prosegui la lettura delle strategie e delle esperienze di sustainability manager di importanti aziende e organizzazioni.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Mauro Bellini
Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

Articoli correlati

Articolo 1 di 3