Negli ultimi 10 anni il food italiano è cresciuto in modo significativo passando da 53 miliardi nel 2012 a circa 90 miliardi nel 2023. Solo nell’ultimo anno, il settore ha visto un incremento del 10%, trainato in gran parte dalle esportazioni. E stando alle previsioni per il biennio 2024-2025 questa tendenza positiva non accenna ad arrestare, con tassi di crescita superiori a quelli del PIL.
Sono alcune delle evidenze scaturite dalla decima edizione del Food Industry Monitor realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, fondata nel 2004 su iniziativa di Slow Food come ateneo non statale e legalmente riconosciuto dallo Stato italiano per formare gastronomi capaci di indirizzare la produzione, la distribuzione e il consumo di cibo in modo sostenibile, e da Ceresio Investors, il gruppo bancario svizzero che fa capo a Banca del Ceresio specializzato nella gestione di patrimoni, nella custodia titoli, nel Corporate & Investment Banking e nel consolidamento fiscale e patrimoniale.
Il Food Industry Monitor ha analizzato le performance di un campione di circa 840 aziende, con un fatturato aggregato di 90 miliardi di euro e attive in 15 comparti del settore food, dal 2009 al 2023 focalizzandosi su cinque dimensioni: crescita, export, redditività, produttività e struttura finanziaria. Per ogni comparto sono state elaborate le previsioni di crescita del fatturato e dell’export e sull’andamento della redditività relative al biennio 2024-2025.
Food italiano, valore raddoppiato in dieci anni
Come detto poc’anzi, negli ultimi dieci anni il settore alimentare italiano ha incrementato il suo valore da 53 miliardi nel 2012 a circa 90 miliardi nel 2023. Le esportazioni hanno seguito un trend positivo, passando da 23 a 44 miliardi di euro nello stesso periodo. Anche l’occupazione nell’industria di trasformazione alimentare ha assistito al passaggio da 449.000 a 488.000 lavoratori, con un aumento record di circa 39.000 unità, nonostante il contesto economico italiano non fosse particolarmente favorevole.
Le aziende del food italiano hanno superato costantemente le performance medie delle imprese italiane (Dati MBRES), non solo in termini di redditività (ROI), ma anche per quanto riguarda la produttività degli investimenti e il tasso di indebitamento.
Prevalgono le PMI a controllo familiare: il ruolo delle acquisizioni
Queste aziende, riconosciute per la loro eccellenza qualitativa in numerosi segmenti di mercato, rimangono relativamente piccole, con un fatturato medio di circa 97 milioni di euro e 178 dipendenti. Nello specifico, tra il 2013 e il 2022 il fatturato medio è cresciuto del 4,4% annuo.
Il food italiano continua dunque a essere dominato da piccole e medie imprese a conduzione familiare che, sebbene da un lato garantiscano un’offerta di qualità combinando tradizione e innovazione, dall’altro rappresentano un limite competitivo a livello internazionale.
Secondo il Food Industry Monitor, dal 2009 le aziende del settore hanno concluso 72 acquisizioni, di cui 26 a livello internazionale, per un controvalore complessivo di 5,4 miliardi di euro.
Queste operazioni si sono rivelate un efficace strumento di crescita profittevole: le aziende che hanno effettuato acquisizioni hanno infatti registrato, a tre anni dalla conclusione delle operazioni, un incremento del fatturato di quasi il 90% e un miglioramento del margine EBIT del 6%.
La resilienza del food italiano nonostante le crisi
“Occorre sottolineare l’assoluta eccellenza del settore che, in 10 anni ha saputo superare diverse crisi congiunturali, una pandemia, tensioni geopolitiche e processi di deglobalizazzione, continuando a crescere sopra la media nazionale, incrementando le esportazioni e generando continuo interesse in operazioni di fusione e acquisizione” ha commentato Gabriele Corte, Direttore Generale, Ceresio Investors.
Nel 2023 export in crescita e redditività in aumento
Il 2023 ha segnato un anno positivo per il settore alimentare, con una crescita del 10% alimentata sia dalla solidità del mercato interno che dalle brillanti performance dell’export. In particolare, le esportazioni del settore hanno toccato i 44 miliardi di euro, con un incremento del 6,3%. Sebbene inferiore rispetto alla crescita del 2022, questo dato rimane notevole, anche a fronte dell’aumento dei prezzi.
I dati reddituali evidenziano un quadro decisamente positivo. La redditività commerciale (ROS) ha raggiunto il 5,1%, un dato in linea con quanto registrato nel 2022. La redditività del capitale investito ha sfiorato invece l’8%, in leggera crescita rispetto al 2022, grazie alla capacità di ottimizzare le scorte.
La qualità made in Italy come forza propulsiva
“Il settore continua a crescere sia per la buona tenuta dei consumi interni sia per la forte dinamicità sul mercato internazionale. L’export di qualità è una forza propulsiva determinante del settore del food italiano” ha spiegato Carmine Garzia, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, docente di Management presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Caffè, olio e vino trainano il food italiano nel 2024
Guardando al futuro, la crescita del food italiano proseguirà con slancio nel biennio 2024-2025, superando i tassi di crescita del PIL. In particolare, per il 2024 è prevista un’espansione del +4,8%, mentre per il 2025 si attende una crescita del 5,2%. Anche le esportazioni continueranno a registrare incrementi significativi: si stima che nel 2024 la crescita delle vendite all’estero sarà del 8,1% e nel 2025 del 7,3%.
Settori emblematici del Made in Italy come caffè, olio, distillati e vino vedranno crescite superiori alla media di mercato, trainati dai buoni risultati oltreoceano. Altri settori invece come pasta, latte e derivati, e dolci, cresceranno a ritmi leggermente inferiori, influenzati dalle tensioni nel sistema distributivo e dalla contrazione dei consumi in alcuni segmenti del mercato italiano.
La crescita dimensionale è una priorità
“È arrivato il momento per le aziende italiane del food di consolidare gli eccellenti risultati del periodo post Covid. La crescita dimensionale è una priorità che deve essere perseguita anche attraverso acquisizioni e fusioni che andrebbero non solo a vantaggio della singola azienda, ma anche delle filiere produttive” ha evidenziato Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors.