In uno scenario economico e geopolitico caratterizzato da crescente complessità e interconnessione, i rischi aziendali assumono forme nuove e diversificate: dalle minacce informatiche al cambiamento climatico, dalle interruzioni della catena di fornitura alle sanzioni per scarsa trasparenza in materia di governance e sostenibilità.
In questo contesto, il Chief Risk Officer (CRO) – lungi dall’essere un mero garante della conformità normativa – si configura oggi come un architetto della resilienza organizzativa. La sua missione è integrare gestione del rischio, criteri ESG e innovazione digitale in una visione unitaria non solo per mitigare le minacce, ma per trasformare l’incertezza in leva strategica per la crescita sostenibile.
In questo articolo scopriremo chi è il CRO, quali sono i suoi compiti, come impatta sul business e in che modo la collaborazione con l’ecosistema fintech sta ridisegnando il risk management.
Chi sono i Chief Risk Officer?
Il Chief Risk Officer (CRO) è il dirigente responsabile del risk management aziendale, ovvero dell’insieme dei processi e delle strategie che mirano a identificare, valutare e mitigare i rischi che potrebbero compromettere la continuità, la competitività e la reputazione dell’impresa.
Tradizionalmente legato al mondo bancario e assicurativo, oggi il CRO è presente nei settori più disparati come l’energia, la manifattura, la tecnologia e le utility, riflettendo la crescente necessità di un approccio olistico alla gestione del rischio.
In uno scenario caratterizzato da crisi geopolitiche, cambiamento climatico, trasformazione digitale e normative ESG in costante evoluzione, il CRO non si limita a monitorare i rischi finanziari e a presidiare la conformità normativa, bensì diventa un attore chiave nelle decisioni di business per garantire governance sostenibile e resilienza organizzativa.
Il Chief Risk Officer partecipa attivamente alla definizione della strategia di sostenibilità delle aziende, contribuendo alla creazione di valore di lungo periodo. Il suo profilo combina competenze che afferiscono alla gestione dei rischi, alla governance e alla innovazione digitale, offrendo una visione in grado non solo di prevenire minacce, ma anche di individuare e sfruttare nuove opportunità in mercati in costante evoluzione.
Evoluzione della figura del Chief Risk Officer
La figura del Chief Risk Officer nasce negli anni ’90, principalmente nel settore bancario e assicurativo, come risposta alla necessità di gestire i rischi finanziari e regolamentari in mercati sempre più globalizzati. In quella fase storica, il CRO era soprattutto un “guardiano” della stabilità finanziaria: monitorava esposizioni al credito, volatilità dei mercati e conformità con le normative vigenti.
Con il passare degli anni e l’aumento delle crisi economiche e sistemiche – dalla crisi finanziaria del 2008 alla pandemia di Covid-19 – il ruolo del CRO ha assunto una dimensione strategica. Non si tratta più soltanto di prevenire perdite, ma di garantire la resilienza organizzativa e supportare la crescita aziendale in scenari incerti.
Oggi, la figura del Chief Risk Officer ha oltrepassato i confini della finanza per diventare centrale in settori come:
- Energia e utilities: valutazione dei rischi legati alla transizione energetica e alla gestione delle risorse.
- Manifattura e supply chain: resilienza delle catene di approvvigionamento e gestione dei rischi geopolitici.
- Tecnologia e digitale: protezione dai cyber attacchi e gestione dei rischi etici legati a intelligenza artificiale e big data.
- Healthcare e farmaceutico: gestione del rischio sanitario, regolatorio e reputazionale.
Il CRO non è più un “tecnico del rischio” confinato all’analisi dei numeri, ma un partner strategico del top management, capace di tradurre l’incertezza in opportunità e di guidare l’azienda verso un modello di crescita sostenibile, innovativo e conforme ai principi ESG.
Il Chief Risk Officer (CRO) è il dirigente responsabile del risk management aziendale. Oggi non più solo garante della conformità normativa, ma figura strategica che integra governance, ESG e innovazione digitale per rafforzare la resilienza e guidare la crescita sostenibile delle organizzazioni.
Quali sono i compiti principali di un Chief Risk Officer?
Il ruolo del Chief Risk Officer (CRO) si estende ben oltre la semplice gestione del rischio: è una funzione strategica che combina analisi, governance e visione a lungo termine.
I compiti principali possono variare a seconda del settore e della dimensione dell’azienda, ma si può dire che ruotano attorno ad alcune responsabilità fondamentali:
- Mappatura e identificazione dei rischi: significa individuare minacce interne ed esterne — finanziarie, tecnologiche, normative, ambientali e reputazionali — che possono impattare sull’organizzazione.
- Valutazione e misurazione dei rischi: implica la capacità di analizzare la probabilità e la gravità di ciascun rischio, utilizzando modelli predittivi e strumenti quantitativi.
- Pianificazione di strategie di mitigazione: concerne la progettazione di piani di risposta che riducano i rischi e rafforzino la resilienza, mantenendo al tempo stesso la competitività aziendale.
- Compliance e governance: comprende l’abilità nell’assicurare il rispetto delle normative nazionali e internazionali, con particolare attenzione alle direttive europee e ai requisiti di sostenibilità e trasparenza ESG.
- Comunicazione al board: significa tradurre dati complessi e scenari di rischio in informazioni chiare e operative, a supporto delle decisioni strategiche del top management e degli stakeholder.
A questi si aggiungono compiti specifici legati alle trasformazioni attuali che afferiscono a:
- Digital risk management: affrontare i rischi connessi a cyber security, protezione dei dati e innovazioni tecnologiche.
- Resilienza aziendale: garantire piani di continuità operativa e risposta a eventi critici, dal rischio climatico agli shock geopolitici.
- Reporting ESG: contribuire alla redazione dei bilanci di sostenibilità garantendo la conformità alla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
Principali aree di responsabilità del Chief Risk Officer
Le responsabilità del CRO coprono una gamma ampia e multidisciplinare di rischi, con l’obiettivo di garantire resilienza, conformità e crescita sostenibile.
- Rischi finanziari Il CRO supervisiona tutti i rischi legati alla stabilità economica dell’azienda, tra cui quelli riguardanti il credito (valutazione della solvibilità dei clienti e partner commerciali), la liquidità (gestione della disponibilità di capitale per sostenere operazioni e investimenti), la volatilità dei mercati (monitoraggio di mercati finanziari, cambi valutari e prezzi delle materie prime). Un approccio proattivo permette di ridurre perdite inattese e supportare decisioni di investimento più sicure.
- Rischi operativi Questa categoria riguarda tutto ciò che può interrompere il normale funzionamento dell’azienda quindi: catene di fornitura (prevenzione di ritardi o interruzioni nei flussi produttivi) e processi interni (controllo su efficienza, qualità e continuità delle operazioni aziendali). La gestione dei rischi operativi è particolarmente critica in settori come energia, manifattura e logistica, dove ogni interruzione può avere impatti significativi su costi e reputazione.
- Rischi normativi Il CRO garantisce la conformità dell’azienda alle leggi e regolamenti nazionali e internazionali comprese normative tradizionali legate a fiscalità, diritto societario, sicurezza sul lavoro che le normative ESG che richiedono trasparenza e responsabilità sociale nelle operazioni aziendali. La mancata compliance può comportare sanzioni legali, danni reputazionali e perdita di fiducia da parte di investitori e stakeholder.
- Rischi tecnologici Nell’era digitale, la tecnologia rappresenta sia un’opportunità che un rischio e per questo occorre fare fronte a cyber security (protezione contro attacchi informatici, violazioni dei dati e ransomware), data protection (gestione sicura di informazioni sensibili e rispetto della privacy), e innovazione digitale (valutazione dei rischi associati a nuove tecnologie come intelligenza artificiale, IoT e blockchain). Un CRO moderno integra la gestione dei rischi tecnologici con la strategia di innovazione sostenibile, bilanciando sicurezza e crescita.
- Rischi reputazionali L’immagine dell’azienda è un asset prezioso che può essere compromesso da scandali, crisi o comunicazioni errate il che richiede competenza nella comunicazione di crisi (coordinamento di piani di emergenza e messaggi pubblici) e salvaguardia del brand (prevenzione di danni reputazionali legati a pratiche non etiche o controversie ESG).La capacità del CRO di anticipare problemi reputazionali è fondamentale per mantenere la fiducia di clienti, investitori e stakeholder.
Presidiando i rischi finanziari, normativi e operativi e integrando i principi di sostenibilità ESG con le potenzialità offerte dalla trasformazione digitale, il CRO consente non solo di prevenire e mitigare le minacce, ma anche di guidare l’impresa verso scelte più trasparenti, innovative e resilienti, rafforzando la fiducia di investitori e stakeholder e consolidando la stabilità a lungo termine dell’organizzazione.
Che impatto hanno i Chief Risk Officer sul business?
La presenza di un Chief Risk Officer ha un impatto diretto sulla resilienza e sulla reputazione di un’impresa. Un CRO efficace non si limita a evitare perdite, ma diventa un abilitatore di innovazione:
- facilita investimenti in tecnologie digitali sicure e sostenibili,
- riduce i costi legati a inefficienze e sanzioni,
- rafforza la fiducia di investitori e consumatori,
- supporta la transizione verso modelli di business climate-resilient.
Il CRO si afferma come uno dei principali garanti della longevità aziendale poiché grazie a una visione integrata del rischio contribuisce a:
- Prevenire crisi finanziarie e operative attraverso sistemi di early warning.
- Promuovere l’innovazione digitale sostenibile, bilanciando opportunità tecnologiche e rischio di cyber attacchi.
- Migliorare la resilienza aziendale rispetto a shock geopolitici, pandemie o emergenze climatiche.
- Rafforzare la fiducia degli investitori e degli stakeholder, dimostrando trasparenza e solidità nella gestione dei rischi ESG.
Oggi il CRO è un vero architetto della resilienza, capace di rafforzare la competitività aziendale in scenari complessi. Individua in anticipo crisi finanziarie, minacce cyber o interruzioni operative, assicurando continuità e stabilità. Grazie a dati e modelli predittivi, affianca il management nelle scelte strategiche, indirizzando risorse verso progetti sostenibili e innovativi.
Quando il risk management incontra i criteri ESG
Ad esempio, quando un’azienda pianifica un nuovo progetto di espansione internazionale, il CRO valuta non solo i rischi finanziari e operativi, ma anche quelli legati all’impatto ambientale, alla sicurezza dei lavoratori e alla conformità normativa locale. In questo modo, l’impresa può crescere con decisioni più consapevoli, riducendo i rischi reputazionali e creando valore a lungo termine per stakeholder e investitori.
Nello specifico, il CRO:
- monitora i rischi ambientali (vale a dire cambiamento climatico, scarsità delle risorse, normative green),
- valuta i rischi sociali (che chiamano in causa i temi di inclusione e diversità, sicurezza sul lavoro, diritti umani nella supply chain),
- garantisce una governance trasparente (in termini di prevenzione di frodi, cyber security, reporting ESG affidabile).
L’integrazione del risk management con la strategia ESG permette alle aziende di:
- Rispettare le direttive europee come la CSRD e la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Direttive)
- Accedere a finanziamenti green,
- Atrarre talenti e stakeholder sensibili alla sostenibilità.
CRO e rendicontazione ESG
Il Chief Risk Officer (CRO) ha un ruolo chiave nella rendicontazione ESG (Environmental, Social, Governance), poiché i dati relativi a sostenibilità, impatto sociale e governance aziendale sono oggi strettamente collegati alla gestione dei rischi e alla strategia di lungo periodo.
Il CRO lavora a stretto contatto con il Chief Sustainability Officer (CSO) e il Chief Financial Officer (CFO) per assicurare che:
- I dati ESG siano accurati, completi e affidabili, integrando informazioni provenienti da diverse aree aziendali.
- Le metriche ESG siano coerenti con i processi decisionali, influenzando investimenti, gestione dei fornitori e innovazioni sostenibili.
- Il reporting ESG rispetti le normative europee (oggetto di una recente revisione con il Pacchetto Omnibus) e internazionali e sia allineato agli standard GRI (Global Reporting Initiative) e ad altri framework riconosciuti.
Grazie alla sua competenza nella gestione del rischio, il CRO contribuisce a:
- Identificare rischi ESG che possono avere impatti finanziari, operativi o reputazionali sull’azienda.
- Integrare l’analisi dei rischi ESG nei piani strategici, garantendo che le decisioni aziendali siano sostenibili e resilienti.
- Supportare la trasparenza e la fiducia degli stakeholder, attraverso report affidabili e verificabili che comunicano impegni e risultati ESG.
Il contributo del Chief Risk Officer alla strategia ESG si traduce in vantaggi concreti per le imprese. Anzitutto, la sua attività riduce in modo significativo il rischio legale e normativo, aiutando le aziende a prevenire sanzioni e contenziosi che potrebbero compromettere stabilità e continuità operativa.
Allo stesso tempo, la presenza di un CRO attivo sul fronte ESG rafforza la reputazione aziendale, rendendo l’impresa più attraente per investitori responsabili, istituti finanziari e partner commerciali sempre più sensibili ai temi della sostenibilità.
Un ulteriore beneficio riguarda la capacità di guidare una crescita sostenibile e innovativa. Grazie a dati affidabili e a un’analisi accurata dei rischi, il CRO orienta le decisioni verso investimenti green e tecnologie digitali a basso impatto ambientale, favorendo così un modello di sviluppo che unisce competitività e responsabilità sociale.
Il Chief Risk Officer non si limita a monitorare i rischi ESG, ma svolge un ruolo strategico nel trasformarli in opportunità. Grazie alla sua visione trasversale, collega governance, dati e processi decisionali, assicurando che la sostenibilità non resti un principio astratto, ma diventi parte integrante della strategia aziendale.
Perché il futuro del Chief Risk Officer passa dalla trasformazione digitale
Il futuro del Chief Risk Officer è strettamente legato alla digital transformation. Sempre più aziende vedono in questa figura un Chief Resilience Officer, in grado di: usare i dati e l’intelligenza artificiale per analizzare scenari complessi, anticipare rischi sistemici come crisi climatiche e cyber minacce, integrare obiettivi di sostenibilità e innovazione digitale nella strategia aziendale.
La trasformazione digitale rappresenta oggi una sfida strategica per le aziende: se da un lato apre nuove opportunità di crescita e efficienza, dall’altro introduce rischi emergenti che possono compromettere stabilità, sicurezza e reputazione. In questo scenario, il CRO gioca un ruolo fondamentale.
Anzitutto, si serve di strumenti di intelligenza artificiale (AI) e big data analytics per:
- Monitorare e prevedere scenari di rischio complessi.
- Identificare pattern nascosti nei dati operativi, finanziari o ESG.
- Supportare decisioni strategiche più rapide e informate.
Questa capacità predittiva permette di anticipare minacce, ottimizzare processi e cogliere nuove opportunità di mercato.
Di fronte all’aumento della digitalizzazione, che rende le minacce informatiche sempre più sofisticate, il CRO coordina iniziative per:
- Proteggere infrastrutture critiche e dati sensibili.
- Implementare sistemi di cybersecurity avanzati e protocolli di emergenza.
- Ridurre il rischio di interruzioni operative dovute a attacchi informatici.
Una solida cyber resilience non solo tutela l’azienda, ma rafforza la fiducia degli stakeholder e degli investitori.
Il CRO assicura poi che la trasformazione digitale sia allineata ai criteri ESG, evitando rischi legati a:
- Uso non etico dei dati e intelligenza artificiale.
- Impatti ambientali negativi dovuti a consumi energetici o inefficienze tecnologiche.
- Problemi di governance nell’implementazione di nuovi sistemi digitali.
In pratica, il CRO integra sicurezza, sostenibilità e innovazione, trasformando la digitalizzazione in un vantaggio competitivo e responsabile.
Impatto sul business
Attraverso l’innovazione digitale guidata dal CRO, l’azienda può:
- Migliorare efficienza operativa e ridurre costi.
- Sviluppare nuovi prodotti e servizi sostenibili.
- Migliorare la gestione dei rischi ESG e la reputazione aziendale.
In sintesi, il Chief Risk Officer diventa un facilitatore dell’innovazione digitale, capace di bilanciare opportunità tecnologiche, sostenibilità e gestione del rischio in un mercato sempre più complesso e competitivo.
Fintech e Chief Risk Officer: una nuova alleanza strategica
Negli ultimi anni, le sfide legate alla gestione del rischio si sono fatte più complesse e interconnesse, dalla cybersecurity ai climate risk, passando per minacce geopolitiche e frodi digitali.
A questo scenario amplificato dall’imprevedibilità dell’AI, si aggiunge una pressione regolatoria crescente: le autorità di vigilanza richiedono standard sempre più rigorosi, in particolare sull’aggregazione e sul reporting dei dati, imponendo maggiore attenzione a qualità, tempestività e tracciabilità, oltre che alla resilienza operativa nel suo complesso.
Una ricerca condotta dal Boston Consulting Group (BCG) in collaborazione con il Politecnico di Milano mostra come le startup fintech stiano diventando alleati strategici dei Chief Risk Officer, offrendo strumenti predittivi, automazione e risk intelligence avanzata non solo per contenere i rischi generati da minacce esterne, ma anche nell’ottica di rendere la gestione del rischio più efficace ed efficiente.
Come le fintech supportano i Chief Risk Officer
Lo studio Redesigning Risk Management Through Fintech Partnerships, condotto su oltre 9.500 fintech fondate dal 2021 e un campione di 814 startup, che offrono servizi di risk management, dimostra che la collaborazione tra fintech e CRO è una realtà che sta progressivamente conquistando fiducia e capitali.
Non si tratta di sperimentazioni marginali: le startup che supportano direttamente i CRO hanno raccolto, dal 2009, capitali per 7,2 miliardi di dollari, con una presenza bilanciata tra USA (58,5% dei capitali, circa 4,2 miliardi di dollari) ed Europa (33,8%, di cui il 20% nel Regno Unito).
Marianna Leoni, autrice del report, Managing Director e Partner di BCG sottolinea che “Se è vero che organizzazioni dotate di risorse adeguate possono sviluppare internamente le competenze per affrontare tali rischi, appare sempre più evidente come la collaborazione con le fintech offra vantaggi concreti e permetta notevoli accelerazioni.”
“Le soluzioni fintech permettono – continua Leoni – di ridurre fino al 70% i tempi necessari per determinati processi e consentono di anticipare l’identificazione di alcune frodi fino a due settimane. La collaborazione tra il risk management e le startup, sebbene complessa, è un enorme bacino di potenzialità“.
Perché l’alleanza tra CRO e fintech è strategica
Dalle interviste condotte, emergono una serie di motivazioni ricorrenti che identificano le principali ragioni per cui le istituzioni finanziarie tendono a ricorrere al supporto delle fintech.
Tra queste figura la necessità di intraprendere percorsi di innovazione senza correre rischi eccessivi (de-risking innovation). Molti CRO riconoscono che strumenti di AI e piattaforme digitali richiedono un quadro di governance solido e le fintech sono in grado di offrire soluzioni già pronte che permettono di sperimentare in sicurezza, garantendo modelli conformi, trasparenti e allineati alle normative vigenti.
Un altro fattore chiave è l’efficienza operativa. Molti processi di risk management sono ancora rallentati da procedure manuali e frammentate; grazie alle soluzioni fintech, i tempi di documentazione dei modelli si riducono fino al 70% e la scansione di aggiornamenti normativi diventa praticamente immediata.
Infine, emerge l’esigenza di una nuova forma di risk intelligence: strumenti in grado di monitorare in tempo reale i social media, riconoscere identità sintetiche e intercettare segnali deboli di frodi o minacce emergenti. In questo senso, la collaborazione con le fintech non è solo un’opzione tattica, ma un passaggio strategico per rafforzare la resilienza delle istituzioni finanziarie.
Gli ostacoli della partnership tra banche e fintech
Non mancano freni strutturali e culturali che rallentano il potenziale di questa collaborazione. Una delle sfide più significative è legata alle risorse: i CRO, spesso in prima linea nella valutazione di queste soluzioni, non hanno sempre un budget IT dedicato e vengono percepiti più come custodi che come promotori dell’innovazione. Ciò può ridurre la loro capacità di portare avanti progetti, costringendoli a negoziare con altre funzioni aziendali per ottenere fondi.
A ciò si aggiunge la lentezza dei processi di avvio di una partnership, data da procedure di accesso ai dati e approvazioni interne che possono durare anche mesi.
Infine, pesa il divario culturale: da un lato startup snelle, abituate a iterare rapidamente, dall’altro organizzazioni più strutturate e tendenzialmente prudenti, che faticano a fidarsi di player più piccoli e a tradurre metriche tecnologiche in impatti concreti di business.
“Le sfide che abbiamo di fronte – dalla cyber security al rischio climatico – richiedono risposte integrate – nota LauraGrassi, Professor e Head of Fintech & Insurtech Observatory del Politecnico di Milano – Chief Risk Officer e fintech hanno oggi l’opportunità di trasformare l’attuale distanza passando da logiche parallele a percorsi comuni. Non tutte le partnership saranno lineari, ma ogni passo condiviso rafforza la resilienza complessiva del sistema”.
Modelli di partnership tra fintech e aziende
Nonostante gli ostacoli, esistono diversi modelli di partnership che consentono di calibrare il tipo di legame tra istituzioni finanziarie e fintech in base alle proprie esigenze.
Le fintech possono essere fornitori di servizi specializzati, proponendo soluzioni mirate a gestire esigenze puntuali e lasciando all’azienda un controllo stretto sui rischi di terze parti. Si possono, altrimenti, avviare progetti pilota o sperimentazioni in sandbox regolamentati, dove innovatori e autorità collaborano in un contesto protetto per testare nuove tecnologie senza mettere a rischio la stabilità operativa. L’opzione più avanzata è rappresentata dalle alleanze strategiche e dagli accordi industriali, che vanno dalla co-creazione di prodotti, fino a vere e proprie joint-venture o investimenti azionari.
Ma a dispetto del tipo di partnership che si venga a instaurare, l’obiettivo resta il medesimo ossia consentire ai CRO di innovare senza compromettere la solidità della propria organizzazione di riferimento.
Un passaggio quasi obbligato
Considerando che la complessità cresce più velocemente della capacità delle strutture interne di adattarsi, l’alleanza tra fintech e risk management rappresenta un passaggio quasi obbligato.
Ciò significa superare diffidenze reciproche e rigidità organizzative, scegliendo partner sulla base di criteri chiari di solidità, credibilità e capacità di integrazione. Il punto non è più se le fintech possano avere un ruolo nella gestione del rischio, ma come e con quali condizioni possono diventare parte integrante dell’architettura di controllo delle istituzioni finanziarie.