Conseguire una certificazione etica, oltre a certificazioni tecniche e gestionali, oggi rappresenta un requisito fondamentale per ogni business che aspiri a rimanere credibile sul mercato. In un’epoca in cui tanto efficienza e produttività quanto trasparenza e rispetto delle istanze ESG sono al centro delle richieste di mercato e delle aspettative di consumatori, investitori e regolatori, ottenere questi certificati significa poter dimostrare l’applicazione delle migliori pratiche operative. Non solo: l’adesione a best practice certificate consente di lavorare in maniera più affidabile, evitando di incorrere in rischi legali e perdite economiche. Per fare il punto della situazione, ne abbiamo parlato con Ermete Bossina, direttore HR & Quality e Roberto Aliprandi, Quality Compliance manager del Gruppo Present, managed service provider tra i più virtuosi sul fronte del conseguimento di standard operativi d’eccellenza che ha recentemente conseguito anche la certificazione etica SA8000.
Prima della certificazione etica, uno sguardo alle norme ISO più importanti
Prima ancora di pensare in termini di certificazione etica, le aziende hanno iniziato a confrontarsi da anni con le principali certificazioni ISO, attestati che confermano il rispetto degli standard stabiliti dall’International Organization for Standardization (ISO). “La norma più diffusa – commenta Aliprandi – è senza dubbio la 9001. Introdotta nel 1987, attesta l’implementazione di un sistema di gestione della qualità conforme a requisiti internazionali, promuovendo processi efficienti e un miglioramento continuo. Si tratta di uno standard che consente sia di certificare l’intera organizzazione, come abbiamo fatto in Present con tutte le nostre sedi e società del Gruppo, ma anche alcune singole parti di processo dell’organizzazione o alcuni prodotti o servizi. Questo standard rappresenta il punto di partenza per tutte le aziende che si approcciano al tema della certificazione”.
Da ricordare tra le più conosciute anche la ISO 14001: nata nel 1996 e aggiornata con la terza edizione nel 2015, fissa i requisiti e fornisce un quadro operativo da seguire per ridurre l’impatto ambientale. La ISO 45001, lanciata nel 2018, si concentra sulla salute e sicurezza sul lavoro, assicurando ambienti di lavoro sicuri e salubri: “Queste due certificazioni – aggiunge Bossina – in Present vanno a connotarsi all’interno di un sistema di gestione integrato con la 9001: l’ideale è infatti prendere in esame i tre aspetti in gioco, ovvero qualità, ambiente e sicurezza del lavoro, nell’ambito dei singoli processi, in un modo armonizzato e completo”.
Seppur non siano obbligatorie, talvolta, tali certificazioni possono essere espressamente richieste dai clienti, rappresentare requisiti necessari per prendere parte a gare d’appalto o conformarsi a direttive specifiche di settore. “Oggi – fa notare Aliprandi – si va verso una compliance più generale rispetto a norme nazionali e internazionali che prevedono l’adozione di specifiche procedure. Questo percorso di conformità prevede anche il conseguimento di attestati che rappresentino una certificazione etica, tecnica e gestionale”. Queste linee guida vengono dunque ormai considerate fondamentali da rispettare per garantire l’efficienza dei processi aziendali. E spianano la strada verso un’impresa davvero moderna, come quella sancita dalla certificazione etica, di cui parleremo tra poche righe.
Il ruolo chiave delle certificazioni tecniche in un mondo sempre più digitale
Prima di focalizzarci sul tema della certificazione etica va però considerato un aspetto vitale per la salute dei business di oggi, basati su ecosistemi sempre più digitali: la cybersecurity. Per proteggere i patrimoni informativi aziendali, le certificazioni IT rappresentano alcuni dei parametri più importanti da rispettare. In quest’ottica va ricordata innanzitutto la ISO 27001, norma internazionale che definisce i requisiti alla base di un sistema di gestione della sicurezza delle informazioni: “Considerata inizialmente una certificazione tecnica di pertinenza delle sole aziende ICT, sta diventando sempre più importante anche in altri settori: oggi salvaguardare dati, proprietà intellettuale ed eventuali brevetti è un elemento cruciale. Non solo: il GDPR ha attribuito la massima priorità al tema della protezione dei dati”, sottolinea il Quality Compliance manager.
Le imprese operanti in ambito ICT, per i motivi appena descritti, possono essere ritenute davvero affidabili solo se dimostrano di possedere competenze comprovate in termini di sicurezza e gestione dell’infrastruttura: tra le certificazioni più importanti, per esempio, figurano la CISSP-Certified Information Systems Security Professional che valida la capacità di progettare, gestire e implementare una strategia ottimale di cybersecurity e la CISA-Certified Information Systems Auditor, caposaldo in materia di data protection, per non parlare della ITIL-Information Technology Infrastructure Library, ormai universalmente valida per la gestione dei servizi IT. Tutti questi standard, oltre a migliorare la reputazione aziendale, stabiliscono una base solida su cui costruire un’organizzazione sempre più sana e affidabile. Un contesto perfetto in cui poter proseguire serenamente il percorso virtuoso che porta al conseguimento della certificazione etica e non solo.
Certificazione etica SA8000 e UNI/PdR 125: specchio di un mondo del lavoro che evolve
Una volta ottimizzati gli aspetti tecnici e gestionali, è infatti importante focalizzarsi anche sull’impatto sociale che il business ha nel contesto e nel periodo storico in cui opera. È sotto gli occhi di tutti: negli ultimi anni, il mondo del lavoro è cambiato profondamente e oggi mira ad abbracciare in maniera decisa e consapevole anche istanze ESG e temi come diversity, equity & inclusion e parità di genere.
Da considerare in relazione a questi aspetti sono, soprattutto, la prassi UNI/PdR 125:2022 ovvero “Linea guida sul sistema di gestione per la parità di genere” e la certificazione etica SA8000 dedicata alla Social Accountability. La prima richiama la UNI ISO 30415:2021 “Gestione delle risorse umane: Diversità e inclusione” e mira a promuovere la parità di genere secondo specifici KPI mentre la seconda, riconosciuta a livello internazionale, valuta le condizioni di lavoro e il rispetto dei diritti umani, assicurando che l’azienda operi in modo etico e sostenibile. “Queste certificazioni, che Present ha già conseguito, rappresentano gli elementi abilitanti per una gestione aziendale sostenibile in chiave ambientale, sociale e di governance. E sono lo spunto per avviare progetti con un impatto concreto nel mondo: su questa scia, per fare un esempio, il nostro Gruppo ha aderito al progetto OneTreePlanet e ha piantato un albero a nome di ogni dipendente nelle campagne messicane di Senguio e Ocampo. Siamo a ben 1150 alberi piantati, che contribuiranno a migliorare l’ambiente in cui vivranno le future generazioni”, conclude il direttore HR & Quality Bossina.
Pensare e agire in termini di certificazione etica, tecnica e gestionale, dunque, significa aderire a standard d’eccellenza che consentono di creare un contesto operativo adeguato ai tempi, migliorare la reputazione aziendale, portare a una maggiore efficienza operativa e – non ultimo – contribuire concretamente alla creazione di un mondo più giusto e di un futuro migliore.