Normative europee

Digital Identity Wallet: cos’è, cosa comporta per i cittadini UE

Facciamo il punto della situazione sul nuovo paradigma dell’identità digitale, iniziando a riflettere sui vantaggi ma anche sui possibili rischi

Aggiornato il 16 Mar 2023

Samuel De Fazio

Esperto in protezione dei dati con attestato di qualità e qualificazione professionale dei servizi prestati, rilasciata da Associazione Data Protection Officer ai sensi degli artt. 4, 7 e 8 della L 4/2013

Digital Identity Wallet

Tra le numerose innovazioni che si legano alla digitalizzazione della nostra quotidianità, una menzione particolare la merita il Digital Identity Wallet, il “portafoglio dell’identità digitale” voluto a livello europeo e in via di sviluppo e diffusione dal 2021.

In estrema sintesi, e nelle intenzioni della Commissione Europea, il Digital Identity Wallet dovrebbe essere un nuovo strumento per consentire, ai cittadini che sceglieranno di utilizzarlo, di dimostrare la propria identità e condividere documenti elettronici con un clic di un pulsante sul proprio telefono, accedendo ai servizi online con la loro identificazione digitale nazionale, riconosciuta in tutta Europa.

La presentazione del progetto Ue Digital Identity Wallet

Digital Identity Wallet
Margrethe Vestager

Alla presentazione del progetto, Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva per un’Europa pronta per l’era digitale, aveva dichiarato: “L’identità digitale europea ci consentirà di operare in qualsiasi Stato membro come facciamo a casa senza costi aggiuntivi e con meno ostacoli, che si tratti di affittare un appartamento o aprire un conto bancario al di fuori del nostro paese d’origine, facendolo in modo sicuro e trasparente. In questo modo decideremo quante informazioni desideriamo condividere su noi stessi, con chi e per quale scopo. Questa è un’opportunità unica per portarci tutti più avanti a sperimentare cosa significa vivere in Europa ed essere europei”.

Nello stesso contesto, il Commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, aveva aggiunto che “I cittadini dell’UE non si aspettano solo un elevato livello di sicurezza, ma anche comodità sia che abbiano a che fare con le amministrazioni nazionali, ad esempio per presentare una dichiarazione dei redditi, sia per iscriversi a un’università europea dove hanno bisogno di un documento d’identità ufficiale. I portafogli europei di identità digitale offrono loro una nuova possibilità di archiviare e utilizzare i dati per tutti i tipi di servizi, dal check-in in aeroporto al noleggio di un’auto. Si tratta di dare una scelta ai consumatori, una scelta europea. Anche le nostre aziende europee, grandi e piccole, beneficeranno di questa identità digitale, saranno in grado di offrire un’ampia gamma di nuovi servizi poiché la proposta offre una soluzione per servizi di identificazione sicuri e affidabili”.

Il contesto normativo

La norma primaria di riferimento è il Regolamento eIDAS, adottato nel 2014 per disciplinare l’identificazione elettronica e i servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno, è considerato una delle basi per supportare le imprese, i cittadini e le autorità pubbliche a creare rapporti digitali sicuri e senza soluzione di continuità. In base al regolamento eIDAS, gli Stati membri (attraverso autorità pubbliche) o soggetti privati (purché riconosciuti da uno Stato membro) dovrebbero offrire ai cittadini e alle imprese portafogli digitali che dovrebbero essere in grado di collegare le loro identità digitali nazionali con la prova di altri attributi personali (ad esempio patente di guida, diplomi, conto bancario).

Nelle intenzioni, ciò dovrebbe consentire a tutti i cittadini dell’UE l’accesso ai servizi online senza dover utilizzare metodi di identificazione privati o condividere inutilmente dati personali. Con questa soluzione tutti noi dovremmo avere il pieno controllo dei dati che condividiamo.

Secondo le previsioni della Commissione, il tutto dovrebbe realizzarsi per il 2030.

Pro e contro del Digital Identity Wallet

Il progetto è ambizioso e certamente porterà numerose conseguenze, alcune certamente positive, altre certamente negative, altre… dipende.

Pro

Tra i pro, possiamo indicare la facilità di accesso ai servizi o ai prodotti digitalizzati. A seconda del campo di utilizzo, poi, potrebbe essere possibile dire finalmente addio all’annoso problema legato al doversi ricordare un numero indefinito di credenziali d’accesso a sistemi informativi, potendo ricorrere alla sola e unica identità digitale (come già avviene oggi, per esempio, quando utilizziamo la CIE per accedere ai siti e i portali della PA).

Sempre tra le conseguenze positive, potrebbe esserci una più effettiva limitazione ai servizi della società dell’informazione da parte di chi, per esempio per vincoli di età o di giustizia, non ne ha diritto o non ne ha il permesso, con un conseguente, possibile beneficio alle attività di contrasto a tutta una serie di attività estremamente spiacevoli che sfruttano Internet come mezzo per realizzarsi e svilupparsi. Certo, si troverà sicuramente il modo per eludere questi limiti, ma questo non dovrebbe stupirci.

Contro

Tra i contro, potremmo indicare il fatto che centralizzare in un unico database le nostre informazioni, ancorché securizzato, potrebbe aumentare gli effetti dannosi di una eventuale violazione di dati personali o, comunque, di eventuali incidenti, specie se si tratta di eventi calamitosi che coinvolgono vaste aree di territorio, rendendo indisponibile l’accesso al servizio di identità digitale e alle altre informazioni, perché il terminale dell’utente o la banca di dati sono scollegati dalla rete. Il che potrebbe collegarsi a un’altra criticità: la centralità della tecnologia, che presuppone che tutti (ma proprio tutti) abbiano a disposizione nell’immediatezza del bisogno sia le conoscenze che i mezzi per utilizzarla.

Questo, forse, è l’aspetto su cui più si dovrebbe riflettere: quanto è ancora diffuso l’analfabetismo digitale? Quanto è ancora diffusa l’ignoranza su queste tematiche? Una tecnologia diviene utile nel momento in cui tutti sono davvero in grado di utilizzarla coscienziosamente e con responsabilità, ma oggi siamo ancora molto indietro su questo aspetto, per una serie di concause, tra cui la scarsa presenza della materia specifica tra quelle studiate a scuola e la scarsa attitudine al cambiamento digitale, specie in alcune fasce della popolazione, che non sono necessariamente quelle di età più elevata.

Conclusioni

Ne consegue, quindi, che è ragionevole attendersi un periodo di transizione in cui, per non ledere i diritti di alcuni, dovranno necessariamente coesistere sistemi basati sull’identità digitale e sistemi basati sull’identità non-digitale, il che dovrebbe presupporre un certo sforzo a livello organizzativo e di pianificazione e realizzazione di tutte quelle attività, ordinarie e straordinarie, che sono legate alla dichiarazione dell’identità da parte di una persona.

Un altro aspetto – forse il più angosciante – è che senza la dovuta e necessaria educazione degli utenti, ci saranno certamente i presupposti perché si realizzino comportamenti che potrebbero essere classificati come “sostituzione di persona digitale”, a cui assistiamo già oggi in alcuni contesti, ma i cui effetti sono limitati proprio per la naturale segregazione che hanno le nostre varie identità nel web. È probabile (per non dire “auspicabile”) che, nel prossimo futuro, un ruolo di primo piano dovrà essere giocato dalle istituzioni scolastiche, sin dalla prima infanzia.

Infine, dovremo prendere coscienza e consapevolezza del fatto che potremmo non essere più così liberi di determinare la nostra identità e la nostra personalità, poiché esse saranno il risultato della costruzione congiunta data da tutte le informazioni che creeremo noi e di quelle che creeranno gli altri e che saranno conservate nell’archivio del nostro Digital Identity Wallet.

Articolo originariamente pubblicato il 16 Mar 2023

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