Intelligenza artificiale

Inclusione lavorativa, il valore dell’AI per le persone con disabilità



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Nel percorso dell’intelligenza artificiale in azienda c’è ancora tanto lavoro da fare. Un segnale incoraggiante arriva dal più recente Workmonitor Pulse di Randstad che evidenzia come l’AI faciliti la gestione delle mansioni e promuova l’equità delle categorie più fragili

Pubblicato il 20 nov 2024



Marco Ceresa, Group CEO Randstad
Marco Ceresa, Group CEO Randstad

In Italia il 51% dei lavoratori con disabilità ritiene che l’Intelligenza Artificiale (AI) funga da strumento facilitatore nello svolgimento delle proprie attività lavorative. Il 63% la utilizza almeno una volta a settimana, un dato significativamente superiore rispetto ai lavoratori senza disabilità (37%). Più della metà crede che l’AI renda il lavoro più stimolante e che sia più semplice da imparare rispetto ad altre tecnologie. Inoltre, i benefici derivanti dall’uso dell’AI sembrano promuovere l’inclusione sul posto di lavoro: il 57% dei lavoratori con disabilità considera l’AI un valido supporto complementare alla supervisione “umana” per ridurre le disparità. Per il 52%, inoltre, il suo utilizzo può contribuire significativamente a rafforzare l’equità in azienda.

Intelligenza artificiale come alleato per i lavoratori con disabilità

Le principali applicazioni dell’intelligenza artificiale per i lavoratori più vulnerabili riguardano la risoluzione di problemi nelle mansioni (62%), la redazione di curriculum o lettere di presentazione (59%) e lo svolgimento di attività di back office (56%). I vantaggi sono ormai considerati indispensabili: il 42% di questi lavoratori lascerebbe il proprio lavoro se non gli fossero offerte opportunità di sviluppo delle competenze AI.

Questo è quanto emerge dal più recente Workmonitor Pulse, il sondaggio sulle trasformazioni del mercato del lavoro condotto da Randstad – la multinazionale olandese attiva dal 1960 nella ricerca, selezione, formazione di Risorse Umane e somministrazione di lavoro – in 15 Paesi, che nell’ultima edizione ha intervistato, solo in Italia, un campione di 800 lavoratori di diverse generazioni, profili e settori, tra cui il 25% d portatori di una disabilità sia grave che lieve (200 intervistati).

L’AI favorisce efficienza e inclusione

“L’intelligenza artificiale apre a grandi opportunità nella quotidianità dei lavoratori e, se correttamente integrata da azioni organizzative, l’AI può rappresentare anche uno strumento per favorire l’inclusione – dichiara Marco Ceresa, Group CEO RandstadI lavoratori italiani mostrano grande interesse nell’uso di questa tecnologia, per i vantaggi nell’efficienza, nello sviluppo professionale, come anche nella creazione di maggiore equità. Tra i lavoratori con disabilità, in particolare, emerge con forza la richiesta di rendere più accessibile il lavoro, e proprio l’AI è vista come una possibile risposta, complementare al ruolo umano. L’integrazione dell’AI nel lavoro, garantendo un approccio responsabile, è una sfida complessa, ma la fiducia espressa dai lavoratori fa ben sperare che si possano aprire nuove prospettive”.

Le aziende italiane promuovono l’AI soprattutto tra i lavoratori più vulnerabili

Il 47% delle persone con disabilità esprime entusiasmo nell’impiego dell’intelligenza artificiale sul posto di lavoro, una percentuale simile al 43% rilevato tra i lavoratori senza disabilità. I dati, però, indicano una maggiore inclinazione delle aziende a favorire l’uso dell’AI tra i lavoratori più vulnerabili, con il 56% che ha beneficiato di opportunità di formazione e aggiornamento, rispetto al 35% dei colleghi normodotati.

Inoltre, quasi il 50% delle persone con disabilità riferisce che i loro datori di lavoro permettono l’uso dell’AI nelle attività legate al loro ruolo, contro il 39% degli altri lavoratori, e suggeriscono che l’adozione di questa tecnologia dovrebbe essere ulteriormente incentivata. Complessivamente, l’Italia supera la media globale per quanto riguarda la disponibilità di AI nelle aziende (+3%), l’accesso alla formazione attraverso i datori di lavoro (+5%), e la qualità dell’istruzione offerta (+3%).

Più equità e accessibilità al lavoro con l’AI

Oltre metà dei lavoratori italiani considera l’AI come un supporto parallelo alle attività di “supervisione umana” per ridurre le disparità e aumentare l’inlcusione. I riscontri positivi emergono sia tra i lavoratori con disabilità (57%), che senza (55%).

Nello specifico il 52% delle persone con disabilità ritiene l’uso dell’AI un elemento per rafforzare ulteriormente l’equità sul luogo di lavoro, rispetto al 40% dei colleghi normodotati. Il 51% ritiene poi che la sua adozione abbia migliorato l’accessibilità nel proprio ruolo, e il 53% che possa essere d’aiuto anche in futuro per la propria mansione.

Negli ultimi 5 anni viene percepito un clima di maggiore uguaglianza sul luogo di lavoro, sebbene il 40% delle persone con fragilità abbia dovuto affrontare nel suo percorso discriminazioni o pregiudizi. Il 48% nota una generale diminuzione di comportamenti discriminatori, un miglioramento avvertito in misura inferiore dalle donne il (43% vs 52%)

Formazione AI: un investimento per proteggere carriere e retribuzioni future

Secondo più della metà degli intervistati, l’aggiornamento delle competenze legate all’AI sarà fondamentale per il proprio ruolo nei prossimi 5 anni, ancor di più per i lavoratori con disabilità (59% vs 51%). Questi ultimi vorrebbero aumentare la formazione sull’AI per tutelare futuro professionale e potenziale retributivo (61% vs 50%).

Le competenze legate all’intelligenza artificiale sono considerate un plus per risultare più attrattivi all’esterno in caso di ricerca di nuove opportunità, in modo trasversale. Ma l’AI può rappresentare anche uno strumento per favorire gli scambi con i colleghi, ad esempio con coloro che non parlano la nostra lingua. Una possibilità sfruttata maggiormente dai lavoratori con disabilità (46%), rispetto al vs 32% dei normodotati.

AI per l’inclusione: ecco come la usano i lavoratori con disabilità

Gran parte degli intervistati (il 42%) utilizza l’AI per svolgere attività che riguardano la creazione di contenuti, scrittura di e-mail o testi, il 41% la impiega per il back office, mentre il 39% per risolvere problematiche sul lavoro. Il 34% si è servito dell’intelligenza artificiale per scrivere curriculum o lettere di presentazione.

Nel caso delle persone con disabilità e dei lavoratori più giovani il modo di utilizzo cambia sensibilmente: la risoluzione di problemi è il principale utilizzo dell’AI (rispettivamente 62% e 67%), seguito dalla scrittura del cv (59% e 63%) e dai compiti di back office (56% e 54%).

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