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Impatto positivo: l’impegno di Bolton nel segno di una sostenibilità “Whatever it Takes”



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L’evento “Insieme per un impatto positivo” ha mostrato come la sostenibilità sia un impegno profondo, non mera compliance, per superare crisi e difficoltà e per costruire un futuro migliore. L’esperienza e i risultati di Bolton con le partnership con WWF e Oxfam

Pubblicato il 27 giu 2025



Impatto positivo

Con i risultati delle sue partnership uniche con WWF e Oxfam e con le prospettive legate agli sviluppi del proprio impegno ambientale e sociale Bolton ha scelto di fare il punto della situazione nell’ambito di Insieme per un impatto positivo, una occasione per comprendere al meglio il complesso e ricco sistema di relazioni e azioni tra impresa, ambiente e dimensione sociale.

Impatto positivo: la sostenibilità whatever it takes

Bolton, è una multinazionale globale con solide radici italiane produttrice di alcuni brand tra i più noti al mondo. Il percorso verso la sostenibilità dell’azienda è iniziato in “tempi non sospetti”, ben prima che la sostenibilità acquisisse la centralità odierna nel dibattito pubblico e sui giornali. (Relativamente all’evento Bolton sull’Impatto positivo leggi anche l’articolo relativo alla sostenibilità oltre il profitto n.d.r.)

In particolare, l’evento, promosso da Bolton in collaborazione con WWF e Oxfam, intende esprimere che la sostenibilità va affrontata, “whatever it takes”. Nell afattispecie per quanto riguarda l’esperienza di Bolton con una collaborazione con WWF per l’aspetto ambientale e con Oxfam per quello sociale.

Impatto positivo: sostenibilità oltre la compliance

Luca Alemanno, Chief Executive Officer di Bolton Food, ha ribadito che per Bolton sostenibilità non vuol dire “compliance”, ma è la continua ricerca di un “impatto positivo”. Ha spiegato che la missione sociale d’impresa è da sempre “nel cuore, nel DNA di Bolton”, un concetto quello della sostenibilità oltre la normativa che caratterizza molte imprese familiari europee e, nello specifico, italiane.

La ricerca di un impatto positivo iniziata 15 anni fa

Alemanno ha specificato che l’azienda ha iniziato a praticare la sostenibilità oltre 15 anni fa, in un’epoca in cui non si trattava fornire informazioni o di rispettare “regolamenti più o meno severi”. Era invece una interpretazione del modo di fare impresa, volta a posizionare l’azienda nel proprio contesto competitivo e a costruire una “fiducia durevole” con tutti gli stakeholder. Un percorso quello di Bolton nel segno di una sostenibilità integrata nella Corporate governance e accountability.

Per Luca Alemanno, questo impegno rappresenta una vera e propria “responsabilità”, una forma di “leadership sostenibile e responsabile”, che implica una profonda consapevolezza di ciò che l’azienda produce quotidianamente. Agire in questo modo significa intraprendere “azioni concrete, dei piani, dei programmi” che, come dimostrato dall’esperienza, non sono per nulla semplici o facili, anzi richiedono “coraggio e impegno”.

Il commitment della proprietà

La natura familiare dell’azienda, con una proprietà particolarmente sensibile a questi temi, costituisce un “incentivo a fare meglio” e un “supporto quotidiano” per tutte le iniziative intraprese. In Bolton, si è soliti affermare che la sostenibilità è il loro “commitment”, ovvero l’impegno di onorare un impegno preso per esprimere il proprio valore sul mercato. Nonostante le numerose sfide degli ultimi anni, quali la pandemia di Covid-19, i conflitti e l’inflazione, Bolton ha mantenuto questo impegno positivo, non relegando mai la sostenibilità in secondo piano.

Partnership strategiche per un impatto positivo

L’impatto positivo in termini di sostenibilità è strettamente legato alla capacità di creare e gestire “alleanze e collaborazioni”, proprio perché “la sostenibilità non si può fare da soli”. Questo concetto è ripreso dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030, dove il 17° obiettivo – non a caso l’ultimo – è proprio quello delle partnership, a indicare che “senza la capacità di collaborare non si chiude il cerchio”.

I vantaggi di lavorare in partnership

Alemanno ha poi condiviso che, nonostante l’azienda avesse una forte volontà di agire, ha capito che dalle partnership arrivano tanti vantaggi sostanziali, come la capacità di posizionarsi, creare valore e avere un “impatto positivo sulle persone, sull’ambiente”. Dal confronto emerge che le conversazioni con WWF e Oxfam sono state a volte “un po’ scomode”, mettendo l’impegno di Bolton Food di fronte a “temi difficili” e a problematiche a cui non avevano mai pensato prima.

Partnership is our leadership

Tuttavia, il manager ha sottolineato che questo è un processo “necessario” per guardare al futuro e non restare ancorati alle situazioni attuali e procedere in un vero e proprio viaggio trasformativo verso la sostenibilità. Per Bolton, l’idea che “partnership is our leadership” riflette la necessità di alleanze importanti che l’azienda ha affrontato con un piano ben definito: un’agenda ambientale, portata avanti con Alessandra Prampolini e il team del WWF, che continua a focalizzarsi su “approvvigionamento, trasformazione, tracciabilità, advocacy, salvaguardia degli oceani“. Parallelamente, con Roberto Barbieri di Oxfam, c’è un’importante conversazione sul tema delle “disuguaglianze delle persone e del loro ruolo all’interno della nostra industry“, un argomento ancora controverso e difficile. Alemanno ha voluto esprimere un “sentimento di orgoglio” per i risultati ottenuti e per aver mantenuto l’impegno sulla sostenibilità proprio in chiave “whatever it takes”), anche quando c’erano situazioni e crisi difficili come il Covid, le guerre o l’inflazione.

La tutela degli oceani con il WWF

Il focus del WWF nella partnership con Bolton è l’ambiente, in particolare i mari e gli ecosistemi marini, che costituiscono il cuore della collaborazione. Alessandra Prampolini, del WWF, ha ricordato che prima della comunicazione ufficiale della partnership tra Bolton e WWF, ci sono stati due anni di lavoro molto intenso, un periodo in cui si è costruito gradualmente un impegno reciproco e pubblico, mettendo sul tavolo le proprie carte per costruire un impatto positivo. La sfida è stata definita “difficile” perché i mari e gli oceani rimangono spesso “a margine del dibattito”, essendo più complicati da comprendere, misurare, avvicinare, controllare e monitorare per gli esseri umani, che sono fondamentalmente “esseri di terra”.

Il ruolo delle imprese

Prampolini ha rivelato che, più di dieci anni fa, sia al WWF che in Bolton, c’era chi li considerava “un po’ folli” per aver creduto di poter creare qualcosa di così solido e duraturo. Nonostante questo scetticismo iniziale, dopo oltre un decennio, la partnership ha raggiunto una serie di risultati concreti, riuscendo anche a coinvolgere altri soggetti in questa “strada che WWF e Bolton hanno scelto”. Il ruolo delle aziende è ritenuto fondamentale, non solo perché fungono da “attori di cerniera” tra le risorse naturali (che il WWF tutela), il mondo dei cittadini, il consumo e le istituzioni, ma soprattutto perché un’azienda come Bolton ha la capacità di “trascinare con sé fette importanti dell’intero settore” quando decide di assumere un impegno pubblico.

Prampolini ha sottolineato l’importanza di essere trasparenti e di esporsi solo quando i risultati sono reali, poiché il “greenwashing” o il “social washing” o l’ESG washing sono “distruttivi per le aziende”, specialmente per quelle con brand esposti su scala globale. Il suo appello al settore privato è perentorio: “L’investimento sulla sostenibilità è l’unico vero investimento sul futuro”. Ha concluso affermando che chi cerca di far credere che esistano scorciatoie si sbaglia, ed è ormai ampiamente provato che chi investe in questa direzione “ottiene risultati per sé e per tutta la filiera e tutte le comunità che in qualche modo sono investite dall’azione di un’azienda”.

La lotta alle disuguaglianze con Oxfam

Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, ha presentato in occasione dell’evento dedicato all’impatto positivo l’impegno di Oxfam, presente in oltre 80 paesi, attiva “contro disuguaglianze e povertà, ingiustizie al fianco delle comunità sui territori nelle emergenze, ma anche quando sembra che le emergenze non ci sono”. Affrontare il tema dei diritti umani in una filiera complessa come quella del tonno, che è globale e vede Bolton come uno dei pochi grandi operatori con base nel “lato occidentale del mondo” (una parte del mondo che in teoria ha raggiunto più risultati sul fronte dei diritti del lavoro rispetto ad altri luoghi), non è semplice.

Barbieri ha osservato che i diritti umani e l’aspetto sociale sono spesso rimasti la “cenerentola” nel trittico degli ESG.

Impatto positivo versus compliance

Il punto di partenza della partnership tra Oxfam e Bolton è la differenza tra “impatto positivo versus compliance”. Per Oxfam, l’impatto positivo in una filiera complessa e lunga come quella di Bolton significa che “quella filiera la devi conoscere, che un po’ ti devi sporcare le mani”. Significa che, per comprendere le dinamiche di potere in comunità remote e lavorare con le donne, non basta ascoltare un racconto superficiale; sono necessarie “metodologie ben precise”.

La compliance, al contrario, implica semplicemente credere alla narrazione della filiera. Barbieri ha espresso grande felicità per questa alleanza a tre, sottolineando che, sebbene ciascuno abbia le proprie specificità e competenze, in questo viaggio si sono “contaminati”, perché “la sostenibilità è unica e non c’è un qualcosa che deve valere di più e di meno”. L’effetto dimostrativo di un’azienda come Bolton è cruciale, poiché l’azienda ha una proprietà con una visione molto chiara e una governance forte, e ha scelto di “non fare quella corsa al ribasso che in altri altri contesti vediamo quotidianamente”.

Tre tipologie di impatto

Per Oxfam, gli impatti sono di tre tipi: all’interno del settore ittico, dove è più difficile operare a causa dei margini bassi in un mercato globale competitivo; all’interno del sistema imprenditoriale, dove Bolton può essere un esempio fondamentale; e come “innovazione fondamentale nei paesi in cui lavoriamo”, dove parlare di “salario dignitoso” richiede di essere dei “pionieri”. Oxfam, in questo, si considera un pioniere insieme a Bolton, aprendo nuove strade. Il ruolo di un’ONG che collabora con una grande azienda come Bolton è quello di avere un impatto sulla povertà e la disuguaglianza “infinitamente più grande”, e questo è parte integrante della teoria del cambiamento di Oxfam.

Superare le sfide per un vero impatto positivo

Alemanno ha poi espresso la sua soddisfazione per aver posto la “longevità al centro” delle alleanze tra Bolton, WWF e Oxfam. Questo significa guardare “un pochino al di là dei prossimi 5 anni” per avere un impatto positivo di più lungo periodo, un aspetto cruciale quando si parla di persone e ambiente, soprattutto considerando il lavoro a stretto contatto con la natura per la costruzione di una produzione sostenibile e di una economia sostenibile. La filiera di Bolton è caratterizzata da complessità e globalità, essendo presente “in tutti i continenti, in tutti gli oceani”, toccando “milioni di persone” e svolgendosi in contesti dove alcuni paesi sono ancora “in totale via di sviluppo”. Questo rende i temi delle persone e dell’ambiente “difficili da affrontare, da portare avanti, ma soprattutto anche da monitorare”.

Non è facile mettere in piedi partnership di questo genere considerando la dinamica in cui WWF e Oxfam arrivano e chiedono all’azienda “che cosa fate, come lo fate, come lo vorreste fare”. Questo tipo di lavoro, soprattutto su scala globale e su temi ambientali e sociali, è intrinsecamente difficile. Spesso, si interviene bene sull’ambiente ma non altrettanto bene sul fronte sociale, o viceversa, creando un “equilibrio difficilissimo da trovare”.

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