Open innovation agroalimentare: che cosa si intende?
L’open innovation agroalimentare è l’applicazione dei principi dell’innovazione aperta alla filiera del cibo: all’agricoltura, all’industria di trasformazione, alla logistica, alla distribuzione, fino all’evoluzione dei comportamenti dei consumatori finali.
Con open innovation agroalimentare si intende un fenomeno in base al quale aziende, cooperative, startup, centri di ricerca, università e istituzioni non innovano più “da sole”, ma in un ecosistema condiviso.
Più in concreto, un’impresa agroalimentare non si affida soltanto al proprio reparto R&D, ma collabora con attori esterni per sviluppare nuovi prodotti, tecnologie e modelli di business. In questo contesto può coinvolgere agritech e foodtech startup, fornitori, retailer, piattaforme digitali, community di consumatori e persino competitor in progetti pre-competitivi.
Quali sono gli obiettivi dell’open innovazion agroalimentare?
Gli obiettivi dell’open innovation agroalimentare sono molteplici: aumentare la sostenibilità ambientale ad esempio con l’uso efficiente di acqua, suolo, input chimici, la riduzione degli sprechi e delle perdite alimentari, il miglioramento della tracciabilità e della sicurezza alimentare, la valorizzazione e la tutela della biodiversità e delle produzioni locali.
Un fattore chiave dell’open innovation agroalimentare è la condivisione dei dati: in questo senso piattaforme digitali, sistemi IoT e satellitari generano informazioni utili che, se messe a fattor comune, permettono previsioni più accurate, decisioni migliori e una gestione più resiliente delle filiere.
Trasformazione agroalimentare, open innovation e ricerca scientifica
La filiera agroalimentare si trova oggi al centro di una trasformazione che coinvolge ricerca scientifica, imprese e istituzioni pubbliche. In questo contesto, la capacità di sviluppare innovazione tecnologica sostenibile dipende sempre più dalla collaborazione tra attori diversi, in grado di integrare competenze e risorse. Le iniziative avviate sul territorio mirano non solo a favorire il trasferimento dei risultati della ricerca verso il tessuto produttivo, ma anche a creare nuove opportunità di cooperazione e sviluppo competitivo attraverso piattaforme come i cluster regionali e strumenti come il co-design.
L’obiettivo è rafforzare un ecosistema in cui la tecnologia possa essere applicata concretamente alle esigenze delle aziende agricole e alimentari, contribuendo alla costruzione di modelli produttivi più resilienti e sostenibili.
Il ruolo di AGRITECH 4 Open Innovation
Il settore agroalimentare italiano attraversa una fase di profonda trasformazione, sospinto dalla necessità di coniugare competitività e sostenibilità in risposta alle nuove sfide globali. In questo contesto si è inserito l’evento “AGRITECH 4 Open Innovation”, che ha riunito a Siena aziende, istituzioni, centri di ricerca e stakeholder del comparto per definire percorsi di innovazione concreta. L’iniziativa, promossa dall’Università di Siena insieme al Santa Chiara Lab e supportata da Agritech con il coinvolgimento dei principali cluster nazionali, si è distinta per l’impostazione operativa e per la capacità di stimolare sinergie tra attori con competenze e obiettivi eterogenei. La due giorni ha rappresentato un momento di confronto su come integrare ricerca applicata, tecnologie emergenti e fabbisogni industriali in strategie di lungo periodo per l’agroalimentare Made in Italy.

Come si crea una collaborazione tra ricerca, imprese e istituzioni per l’open innovation agroalimentare?
La sostenibilità non può più essere considerata un accessorio dell’innovazione agroalimentare: è un driver imprescindibile che richiede la convergenza di conoscenze scientifiche, risorse industriali e visione istituzionale. All’A4OI questa triangolazione è emersa come architrave delle politiche di sviluppo del settore, grazie anche all’impegno di Università di Siena, Santa Chiara Lab, Federalimentare e Cluster CL.A.N. Il dialogo tra mondo accademico e tessuto produttivo si è articolato in forme di partnership, con le istituzioni a fare da garanti nell’orientamento degli investimenti verso modelli produttivi resilienti. Le testimonianze raccolte durante i lavori sottolineano come solo attraverso una governance multilivello sia possibile consolidare filiere che sappiano integrare innovazione tecnologica, valore territoriale e sicurezza alimentare.
Che ruolo svolge la ReRITT e i cluster nella trasformazione dell’innovazione in impresa?
La questione del trasferimento tecnologico resta centrale nel dibattito sull’efficacia delle politiche di innovazione. Strutture come la ReRITT – Rete per la Ricerca, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico – assumono il compito delicato di fungere da ponte tra laboratori e mercato. Il Cluster Nazionale Agrifood (CL.A.N.), insieme a fondazioni e infrastrutture di ricerca come AGRITECH, ONFOODS e METROFOOD-IT, ha illustrato come la collaborazione progettuale possa tradursi in processi scalabili e replicabili. L’approccio integrato promosso dalla ReRITT mira a superare frammentazioni storiche, favorendo la co-creazione tra attori diversi ed evitando che i risultati della ricerca rimangano confinati alla dimensione accademica. Questo modello trova una sponda anche nelle priorità del PNRR, che richiedono accelerazioni tangibili nella trasformazione delle idee in prodotti o servizi ad alto valore aggiunto.
Matchmaking e co-design: aziende e ricerca insieme per l’open innovation agroalimentare
L’organizzazione dei tavoli di co-design durante l’evento senese ha portato alla luce una modalità operativa spesso evocata: il matchmaking strutturato tra chi produce valore economico e chi genera conoscenza tecnica. Aziende della filiera – dai grandi gruppi come Bolton Food ai consorzi territoriali del Pecorino Toscano o del Limone di Sorrento – hanno condiviso esigenze specifiche legate all’efficienza produttiva, alla tracciabilità o alla riduzione dell’impatto ambientale. Ricercatori e start-up hanno risposto con proposte concrete, testimoniando una maturità crescente nell’offerta scientifica nazionale. Questo confronto diretto ha permesso non solo lo scambio di know how ma anche la nascita di partnership orientate al problem solving reale, superando approcci occasionali per avviare processi collaborativi sistemici.
Le prossime sfide: trasferimento tecnologico, competitività e alleanze strategiche
Guardando oltre l’orizzonte immediato dell’evento, le sfide individuate a Siena richiamano temi ormai ricorrenti ma non ancora pienamente risolti: rendere scalabile il trasferimento tecnologico, favorire un ambiente favorevole alla crescita delle start-up deep tech italiane, costruire alleanze stabili lungo la catena del valore agroalimentare.
La capacità del sistema Paese di valorizzare la ricerca pubblica attraverso strumenti efficaci di technology transfer sarà determinante per rafforzare la competitività internazionale dell’agroalimentare italiano senza sacrificare gli imperativi della sostenibilità. In questo scenario occorre anche un ripensamento dei modelli organizzativi: cluster tematici, reti miste pubblico-private e infrastrutture condivise dovranno continuare a evolvere per garantire che le soluzioni nate nei laboratori trovino sbocchi industriali concreti e contribuiscano a una crescita diffusa.
Nel panorama agroalimentare contemporaneo, le relazioni tra attori pubblici e privati si stanno ridefinendo attraverso modelli di collaborazione più agili e orientati all’impatto concreto. La capacità di mettere a sistema competenze, risorse e visioni differenti rappresenta un elemento distintivo per chi intende affrontare con efficacia le sfide poste dall’innovazione tecnologica.
In questo scenario, diventa cruciale non solo favorire il dialogo tra ricerca e impresa, ma anche promuovere processi strutturati che facilitino la trasformazione delle idee in valore reale per il settore. Le infrastrutture collaborative esistenti offrono già spunti interessanti su come il trasferimento tecnologico possa evolvere da semplice trasmissione di conoscenze a leva strategica per la competitività. Tuttavia, la sostenibilità degli sforzi collettivi dipenderà dalla capacità delle reti di adattarsi rapidamente a scenari mutevoli e dalla volontà dei diversi player di investire su una cultura condivisa dell’innovazione.







